sabato 28 gennaio 2017

"Sulla via di Damasco. La vocazione di Paolo e la svolta della sua vita: At 7,95-9,31" di fr. Egidio

"Sulla via di Damasco. La vocazione di Paolo 
e la svolta della sua vita: At 7,95-9,31" 
di fr. Egidio Palumbo


Primo incontro dei
MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2017

promossi dalla
Fraternità Carmelitana 
di Barcellona Pozzo di Gotto 
25.01.2017




1. Paolo, giudeo della diaspora

Per la prima volta Paolo appare sulla “scena biblica” del NT in At 7, 58-8,3, col nome aramaico di Saulo (dal nome del re Saul), che significa “interpellato, chiamato in causa” (“Paulus/Paolo” è il cognome romano). Qui Saulo è presentato come colui che custodisce i mantelli dei lapidatori di Stefano, che approva la sua esecuzione ed è intento a smantellare la Chiesa di Gerusalemme perseguitando con perquisizioni e arresti i giudeo-cristiani di quella comunità.

Saulo è nato a Tarso (forse nel 5 d.C.) della provincia romana di Cilicia, una città di 300.000 abitanti, famosa per le scuole filosofiche, in particolare per quella stoica. Nato da genitori ebrei del giudaismo della diaspora (giudei che volontariamente erano andati a vivere fuori della Palestina), appartiene al movimento religioso dei farisei (riconoscimento della Torah orale e della Torah scritta, la fede nella risurrezione, rigidità nell’osservanza del sabato, delle leggi di purità e di altre prescrizioni della Torah) e si forma a Gerusalemme presso la scuola del famoso rabbino Gamaliele (era fariseo e insegnò a Gerusalemme tra il 25 e il 50 d.C.), figlio o nipote del più famoso rabbino Hillel, il quale ebbe un ruolo importante nella formulazione di criteri esegetici per l’interpretazione della S. Scrittura. Saulo, inoltre, eredita dalla sua famiglia la cittadinanza romana, che implicava l’acquisizione di vari privilegi: il diritto ad un processo equo, l’esenzione da pene ignominiose (ad es. la flagellazione), il diritto di sottrarsi alla giurisdizione di una corte minore per appellarsi alla corte dell’imperatore a Roma. Prima di aderire al cristianesimo fu un attivo persecutore della Chiesa. 

Saulo-Paolo, quindi, appartiene a tre mondi distinti: al giudaismo, per quanto riguarda la religione; per quanto riguarda la lingua e una certa integrazione culturale all’ellenismo; politicamente all’impero romano, del quale era cittadino. Può essere definito un cosmopolita.

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3. L’evento di Damasco (At 9)

L’evento sulla strada di Damasco, dove Saulo fa l’esperienza dell’incontro con il Cristo Risorto e Vivente, è per il persecutore, un evento di conversione e di vocazione profetica. Siamo nel 35 circa d.C. 
a) È evento di conversione: non nel senso che da non-credente diventa credente, né che passa da una religione ad un’altra religione (non bisogna dimenticare che per tutto il I secolo il cristianesimo era considerato un movimento interno al giudaismo), ma che, dopo il fallimento del peccato, “ritorna a Dio” e al rapporto di Alleanza di amore con Lui, rapporto che ora è chiamato a vivere nella fede del Messia Gesù, il Risorto Vivente. 

Qual è il peccato-fallimento di Saulo-Paolo? È il suo essere un persecutore e un violento, il suo essere troppo sicuro di sé e chiuso alle imprevedibilità dei disegni di Dio, a causa di una visione troppo rigida della Torah/Legge che, paradossalmente, allontana da Dio. Tale fallimento è rappresentato dalla “caduta a terra” (At 9,4) e dalla “cecità” (At 9,8.9): è avvenuto che la Luce della presenza del Risorto ha “ribaltato” la sua esistenza, ha frantumato le sue sicurezze, lo ha disarmato, lo ha reso “debole” e ha “accecato” il suo modo attuale di vedere la Torah e la fede dei padri, per acquisire con un’altra prospettiva – quella del Messia Gesù – il modo di “vedere” la Torah, la fede dei padri e il nascente movimento cristiano. 

Questo movimento di conversione, di “ritorno” al Dio dell’Alleanza è suscitato non dal pentimento di Saulo, ma dalla iniziativa libera, imprevedibile e gratuita dell’incontro con il Cristo Risorto sulla strada per Damasco (le vie imprevedibili della Presenza di Dio… cui accennava Stefano). Ed è veramente l’esperienza di un incontro interpersonale: «Saulo, Saulo…» - «Chi sei, o Signore?» - «Io sono Gesù…». Tutta la persona di Saulo ne viene coinvolta: ascolto e visione, mente e cuore, interiorità e corporeità; dove nell’ascolto Saulo comincia a comprendere che il Messia Risorto è presente nei perseguitati, nei deboli, in coloro che sono disarmati, nonviolenti, in coloro che stanno imparando a camminare sulle Vie del Vangelo (At 9,2; 18,25-26; 19.9.23; 22,4; 24,14.22), cioè ad assumere lo stile di vita del Messia Gesù che è la Via (Gv 14,6). E, posto in una condizione di estrema debolezza, lui che prima si sentiva forte e sicuro di sé, ora ha bisogno di altri: di essere guidato dai suoi compagni (At 9,8); di essere evangelizzato e sostenuto da quelli che lui perseguitava: dal discepolo Anania (At 9,10-19), da altri discepoli, che comunque ancora avevano paura di lui (At 9,19b-26), e da Barnaba (“figlio della consolazione”), che lo prese con sé e lo condusse a Gerusalemme dagli apostoli per garantire della sua conversione, vocazione e missione (At 9,27). 
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