venerdì 11 novembre 2016

La rivoluzione di Francesco secondo Scalfari - Intervista di Eugenio Scalfari a Papa Francesco


Questa volta la conversazione tra Papa Francesco ed Eugenio Scalfari, due pagine de La Repubblica, è divisa in due parti: la prima un lungo e ampio racconto personale sul mondo dopo l’inattesa vittoria di Trump e poi seguono le 14 domande al Santo Padre (alcuni piuttosto lunghe e articolate) e dunque le risposte.
La pagina dedicata a questa parte presenta questi richiami:
- (Il denaro) Crea disparità. Questo è il male maggiore che esiste al mondo e contro cui lottiamo.
- (Comunista?) Più volte me lo hanno detto, ma sono i comunisti che la pensano come i cristiani.
- (Il popolo) Il popolo dei poveri deve entrare nella politica grande, creativa, quella descritta da Aristotele.- (Avversari) Non direi che ho molti avversai nella Chiesa. La fede ci unifica tutti, poi ciascuno ha visioni diverse. (Luis Badilla da Il Sismografo 11/11/2016)

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Scrivo questo articolo il giorno successivo all'imprevista vittoria elettorale di Donald Trump su Hillary Clinton. E' un grande evento avvenuto in un grande Paese democratico con procedure democratiche, il che significa che la maggioranza degli elettori ha scelto un nuovo Presidente come successore di Barack Obama. Non si poteva fare una scelta politica così diversa.
...

Questa mia breve premessa era necessaria. Il nostro giornale ha già raccontato e analizzato tutti i nuovi aspetti della situazione che si è creata con la vittoria di Trump e mi pareva opportuno farne anch'io un esame ma molto breve. Il vero tema di questo articolo infatti non riguarda la vicenda americana ma un invito da me da tempo desiderato per un incontro con papa Francesco. Avevo avuto con Lui la settimana scorsa una lunga telefonata perché Sua Santità voleva discutere con me la visita che avrebbe fatto tre giorni dopo in Svezia con i rappresentanti mondiali della religione luterana e della riforma dalla quale è nata mezzo millennio fa. Ho già riferito di questa conversazione solo per dire che ho l'onore di ricevere frequenti telefonate da papa Francesco ma non ci vediamo di persona da oltre un anno e quindi il suo invito mi ha fatto felice. Ci siamo incontrati lunedì 7 e siamo stati insieme oltre un'ora. Due giorni prima e cioè sabato 5 il Papa aveva incontrato i rappresentanti del Movimento popolare. Si tratta di un movimento che conta centinaia di migliaia di aderenti nei principali Paesi dove la presenza cristiana è molto diffusa. Il discorso di papa Francesco a questi volontari della fede occupa sei pagine dell'Osservatore Romano. Naturalmente quando due giorni dopo ha incontrato me avevo già letto il testo integrale di quel discorso. Più volte ho scritto che Francesco è un rivoluzionario ma questa volta altroché rivoluzione...

Ed ora vediamo come e perché.

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Ci siamo abbracciati dopo tanto tempo. "La vedo bene" mi ha detto.

Anche Lei sta benissimo nonostante i continui strapazzi della sua vita.

"E' il Signore che decide".

E "sora nostra morte corporale".

"Sì, corporale".

Era la conversazione che cominciava per entrare subito nel profondo.

Santità - gli ho chiesto - cosa pensa di Donald Trump?

"Io non do giudizi sulle persone e sugli uomini politici, voglio solo capire quali sono le sofferenze che il loro modo di procedere causa ai poveri e agli esclusi".

Qual è allora in questo momento tanto agitato la sua preoccupazione principale?

"Quella dei profughi e degli immigrati. In piccola parte cristiani ma questo non cambia la situazione per quanto ci riguarda, la loro sofferenza e il loro disagio; le cause sono molte e noi facciamo il possibile per farle rimuovere. Purtroppo molte volte sono soltanto provvedimenti avversati dalle popolazioni che temono di vedersi sottrarre il lavoro e ridurre i salari. Il denaro è contro i poveri oltreché contro gli immigrati e i rifugiati, ma ci sono anche i poveri dei Paesi ricchi i quali temono l'accoglienza dei loro simili provenienti da Paesi poveri. E' un circolo perverso e deve essere interrotto. Dobbiamo abbattere i muri che dividono: tentare di accrescere il benessere e renderlo più diffuso, ma per raggiungere questo risultato dobbiamo abbattere quei muri e costruire ponti che consentono di far diminuire le diseguaglianze e accrescono la libertà e i diritti. Maggiori diritti e maggiore libertà".

Ho chiesto a papa Francesco se le ragioni che costringono la gente ad emigrare si esauriranno prima o poi. E' difficile capire perché l'uomo, una famiglia, e intere comunità e popoli vogliono abbandonare la propria terra, i luoghi dove sono nati, il loro linguaggio.

Lei, Santità, attraverso quei ponti da costruire favorirà il riaggregarsi di quei disperati ma le diseguaglianze sono nate in Paesi ricchi. Ci sono leggi che tendono a diminuirne la portata ma non hanno molto effetto. Non avrà mai fine questo fenomeno?

"Lei ha parlato e scritto più volte su questo problema. Uno dei fenomeni che le diseguaglianze incoraggiano è il movimento di molti popoli da un paese ad un altro, da un continente ad un altro. Dopo due, tre, quattro generazioni, quei popoli si integrano e la loro diversità tende a scomparire del tutto".

Io lo chiamo un meticciato universale nel senso positivo del termine.

"Bravo, è la parola giusta. Non so se sarà universale ma sarà comunque più diffuso di oggi. Quello che noi vogliamo è la lotta contro le diseguaglianze, questo è il male maggiore che esiste nel mondo. E' il danaro che le crea ed è contro quei provvedimenti che tendono a livellare il benessere e favorire quindi l'eguaglianza".

Lei mi disse qualche tempo fa che il precetto "Ama il prossimo tuo come te stesso" doveva cambiare, dati i tempi bui che stiamo attraversando, e diventare "più di te stesso". Lei dunque vagheggia una società dominata dall'eguaglianza. Questo, come Lei sa, è il programma del socialismo marxiano e poi del comunismo. Lei pensa dunque una società del tipo marxiano?

"Più volte è stato detto e la mia risposta è sempre stata che, semmai, sono i comunisti che la pensano come i cristiani. Cristo ha parlato di una società dove i poveri, i deboli, gli esclusi, siano loro a decidere. Non i demagoghi, non i barabba, ma il popolo, i poveri, che abbiano fede nel Dio trascendente oppure no, sono loro che dobbiamo aiutare per ottenere l'eguaglianza e la libertà".

Santità. io ho sempre pensato e scritto che Lei è un rivoluzionario ed anche un profeta. Ma mi sembra di capire oggi che Lei auspica che il Movimento dei popolari e soprattutto il popolo dei poveri entrino direttamente nella politica vera e propria.

"Sì, è così. Non nel cosiddetto politichese, le beghe per il potere, l'egoismo, la demagogia, il danaro, ma la politica alta, creativa, le grandi visioni. Quello che nell'opera sua scrisse Aristotele".

Ho visto che nel suo discorso ai "movimenti popolari" di sabato scorso Lei ha citato il Ku Klux Klan come un movimento vergognoso e così pure quello di segno opposto ma analogo delle Pantere nere. Ma ha citato come ammirevole Martin Luther King. E' un profeta anche lui, che fa senso per quel che diceva nella libera America?

"Sì, l'ho citato perché lo ammiro".

Ho letto quella citazione; penso che sia opportuno ricordarlo anche a chi legge questo nostro incontro.
"Quando ti elevi a livello dell'amore, della sua grande bellezza e potere, l'unica cosa che cerchi di sconfiggere sono i sistemi maligni. Le persone che sono intrappolate in quel sistema le ami, però cerchi di sconfiggere quel sistema: odio per odio intensifica solo l'esistenza dell'odio e del male nell'universo. Se io ti colpisco e tu mi colpisci e io restituisco il colpo e tu mi restituisci il colpo, e così di seguito, è evidente che si continua all'infinito. Da qualche parte qualcuno deve avere un po' di buonsenso e quella è la persona forte, capace di spezzare la catena dell'odio, la catena del male".

Ed ora torniamo alla politica e al suo desiderio che siano i poveri e gli esclusi a trasformare quella politica in una democratica volontà di realizzare gli ideali e la volontà dei movimenti popolari. Lei ha caldeggiato quell'interesse per la politica perché è Cristo che la vuole. "I ricchi dovranno passare per la cruna dell'ago". Cristo la vuole non perché è anche figlio di Dio ma soprattutto perché è figlio dell'uomo. Ma uno scontro comunque ci sarà, è in gioco il potere e il potere, Lei stesso lo ha detto, comporta guerra. Dunque i movimenti popolari dovranno sostenere una guerra, sia pure politica, senza armi e senza spargimento di sangue?

"Non ho mai pensato a guerra ed armi. Il sangue sì, può essere sparso, ma saranno eventualmente i cristiani ad essere martirizzati come sta avvenendo in quasi tutto il mondo ad opera dei fondamentalisti e terroristi dell'Isis i carnefici. Quelli sono orribili e i cristiani ne sono le vittime".

Ma lei, Santo Padre, sa bene che molti Paesi reagiscono anche con le armi per sconfiggere l'Isis. Del resto le armi le usarono anche gli ebrei contro gli arabi ma perfino tra di loro.

"Ebbene, non è questo tipo di conflitti che i movimenti popolari cristiani portano avanti. Noi cristiani siamo sempre stati martiri, eppure la nostra fede nel corso dei secoli ha conquistato gran parte del mondo. Certo ci sono state guerre sostenute dalla Chiesa contro altre religioni e ci sono state perfino guerre dentro la nostra religione. La più crudele fu la strage di San Bartolomeo e purtroppo molte altre analoghe. Ma avvenivano quando le varie religioni e la nostra, come e a volte più delle altre, anteponevano il potere temporale alla fede e alla misericordia".

Lei però, Santità, incita adesso i movimenti popolari ad entrare in politica. Chi entra in politica si scontra inevitabilmente con gli avversari. Guerra pacifica, ma comunque di conflitto si tratta e la storia ci dice che nei conflitti è in gioco la conquista del potere. Senza il potere non si vince.

"Ora lei dimentica che esiste anche l'amore. Spesso l'amore convince e quindi vince anche quanti siamo ora. I cattolici sono un miliardo e mezzo, i protestanti delle varie confessioni ottocento milioni; gli ortodossi sono trecentomila, poi ci sono le altre confessioni come anglicani, valdesi, coopti. Tutti loro compresi, i cristiani raggiungono i due miliardi e mezzo di credenti e forse più. Ci sono volute armi e guerre? No. Martiri? Sì, e molti".

E così avete conquistato il potere.

"Abbiamo diffuso la fede prendendo esempio da Gesù Cristo. Lui fu il martire dei martiri e gettò all'umanità il seme della fede. Ma io mi guardo bene dal chiedere il martirio a chi si cimenterà ad una politica orientata verso i poveri, per l'eguaglianza e la libertà. Questa politica è cosa diversa dalla fede e sono molti i poveri che non hanno fede. Hanno però bisogni urgenti e vitali e noi dobbiamo sostenerli come sosterremo tutti gli altri. Come potremo e come sapremo".

Mentre l'ascolto, sempre più mi confermo di ciò che provo per Lei: di un pontificato come il suo ce ne sono stati pochi. Del resto Lei ha parecchi avversari dentro la sua Chiesa.

"Avversari non direi. La fede ci unifica tutti. Naturalmente ciascuno di noi individui vede le stesse cose in modo diverso; il quadro oggettivamente è il medesimo ma soggettivamente è diverso. Ce lo siamo detto più volte, lei ed io".

Santità l'ho trattenuta forse troppo tempo ed ora la lascio.
A quel punto ci siamo salutati con un abbraccio pieno d'affetto. Io gli ho detto di riposarsi ogni tanto e lui mi ha risposto: anche lei deve riposarsi perché un non credente come lei deve essere più lontano possibile da "morte corporale". Era il 7 novembre.