giovedì 20 ottobre 2016

«Dar da mangiare agli affamati. Dar da bere agli assetati» Papa Francesco Udienza 19/10/2016 (foto, testo e video)

 UDIENZA GENERALE 
 19 ottobre 2016 




Papa Francesco ha fatto oggi il suo ingresso in una piazza assolata, davanti a decine di migliaia di persone che lo aspettavano festanti e fiduciose, intorno alle 9.25. Subito è cominciata la “teoria” di bambini, protagonisti come al solito dell’udienza del mercoledì, per salutare e baciare i quali Francesco si è anche sporto dalla jeep bianca scoperta, fatta fermare all’occorrenza. A metà percorso circa, invitato da un gruppo di suoi connazionali, riconoscibili dalla bandiera biancoazzurra dell’Argentina, il Papa si è fermato per gustare una tazza di mate, la bevanda tipica sudamericana. Variopinti oggi gli striscioni, tra i quali molti “artigianali” con scritte blu in campo bianco e “firmati” con il nome della diocesi o della parrocchia di provenienza. Alla fine del percorso tra i vari settori della piazza, prima di compiere il tratto a piedi che lo separa dalla sua postazione al cento del sagrato, il Papa ha salutato un gruppo di cantori, ragazzi e ragazze, vestiti con un lungo abito rosso, che gli hanno offerto uno zucchetto indossato da Francesco al posto del suo. Sulla facciata della basilica vaticana, ancora troneggiano i ritratti dei sette nuovi santi canonizzati domenica scorsa.




Al termine della catechesi dell’udienza generale sono stati presentati a papa Francesco il Tabernacolo e il Pastorale della Misericordia, realizzato con le lamiere della baraccopoli di Kibera, a Nairobi, in Kenya, lo slum più grande dell'Africa subsahariana.  
Il pastorale - che culmina con un ostensorio - viaggerà, in una sorta di staffetta spirituale, nelle diocesi di Italia e del mondo. A papa Francesco è stato donato un tabernacolo, costruito con le stesse lamiere. L'iniziativa è della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti che ha già presentato nei mesi scorsi a papa Francesco altri due suoi progetti: la Croce di Lampedusa, costruita con i legni delle barche dei migranti; le ostie della Misericordia, prodotte nel carcere di Opera dal laboratorio “Il senso del pane”

Il Papa ha anche «salutato» una mula portata da pellegrini argentini, in ricordo del “Cura” Brochero, proclamato santo da papa Francesco domenica scorsa, un prete argentino che percorse migliaia di chilometri a dorso di mula per assistere gli abitanti delle sierras, quando non vi arrivavano né strade né treni. Francesco ha posato accanto alla statua che raffigura il Brochero a cavallo. 



Dar da mangiare agli affamati. Dar da bere agli assetati

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Una delle conseguenze del cosiddetto “benessere” è quella di condurre le persone a chiudersi in se stesse, rendendole insensibili alle esigenze degli altri. Si fa di tutto per illuderle presentando modelli di vita effimeri, che scompaiono dopo qualche anno, come se la nostra vita fosse una moda da seguire e da cambiare ad ogni stagione. Non è così. La realtà va accolta e affrontata per quello che è, e spesso ci fa incontrare situazioni di bisogno urgente. È per questo che, tra le opere di misericordia, si trova il richiamo alla fame e alla sete: dare da mangiare agli affamati – ce ne sono tanti oggi - e da bere agli assetati. Quante volte i media ci informano di popolazioni che soffrono la mancanza di cibo e di acqua, con gravi conseguenze specialmente per i bambini.

Di fronte a certe notizie e specialmente a certe immagini, l’opinione pubblica si sente toccata e partono di volta in volta campagne di aiuto per stimolare la solidarietà. Le donazioni si fanno generose e in questo modo si può contribuire ad alleviare la sofferenza di tanti. Questa forma di carità è importante, ma forse non ci coinvolge direttamente. Invece quando, andando per la strada, incrociamo una persona in necessità, oppure un povero viene a bussare alla porta di casa nostra, è molto diverso, perché non sono più davanti a un’immagine, ma veniamo coinvolti in prima persona. Non c’è più alcuna distanza tra me e lui o lei, e mi sento interpellato. La povertà in astratto non ci interpella, ma ci fa pensare, ci fa lamentare; ma quando vediamo la povertà nella carne di un uomo, di una donna, di un bambino, questo ci interpella! E perciò, quell’abitudine che noi abbiamo di sfuggire ai bisognosi, di non avvicinarci a loro, truccando un po’ la realtà dei bisognosi con le abitudini alla moda per allontanarci da essa. Non c’è più alcuna distanza tra me e il povero quando lo incrocio. In questi casi, qual è la mia reazione? Giro lo sguardo e passo oltre? Oppure mi fermo a parlare e mi interesso del suo stato? E se fai questo non mancherà qualcuno che dice: “Questo è pazzo perché parla con un povero!”. Vedo se posso accogliere in qualche modo quella persona o cerco di liberarmene al più presto? Ma forse essa chiede solo il necessario: qualcosa da mangiare e da bere. Pensiamo un momento: quante volte recitiamo il “Padre nostro”, eppure non facciamo veramente attenzione a quelle parole: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.

Nella Bibbia, un Salmo dice che Dio è colui che «dà il cibo ad ogni vivente» (136,25). L’esperienza della fame è dura. Ne sa qualcosa chi ha vissuto periodi di guerra o di carestia. Eppure questa esperienza si ripete ogni giorno e convive accanto all’abbondanza e allo spreco. Sono sempre attuali le parole dell’apostolo Giacomo: «A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta» (2,14-17) perché è incapace di fare opere, di fare carità, di amare. C’è sempre qualcuno che ha fame e sete e ha bisogno di me. Non posso delegare nessun altro. Questo povero ha bisogno di me, del mio aiuto, della mia parola, del mio impegno. Siamo tutti coinvolti in questo.

È anche l’insegnamento di quella pagina del Vangelo in cui Gesù, vedendo tanta gente che da ore lo seguiva, chiede ai suoi discepoli: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro possano mangiare?» (Gv 6,5). E i discepoli rispondono: “È impossibile, è meglio che tu li congedi…”. Invece Gesù dice loro: “No. Date loro voi stessi da mangiare” (cfr Mc 14,16). Si fa dare i pochi pani e pesci che avevano con sé, li benedice, li spezza e li fa distribuire a tutti. È una lezione molto importante per noi. Ci dice che il poco che abbiamo, se lo affidiamo alle mani di Gesù e lo condividiamo con fede, diventa una ricchezza sovrabbondante.

Papa Benedetto XVI, nell’Enciclica Caritas in veritate, afferma: «Dar da mangiare agli affamati è un imperativo etico per la Chiesa universale. […] Il diritto all’alimentazione, così come quello all’acqua, rivestono un ruolo importante per il conseguimento di altri diritti. […] È necessario pertanto che maturi una coscienza solidale che conservi l’alimentazione e l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni» (n. 27). Non dimentichiamo le parole di Gesù: «Io sono il pane della vita» (Gv 6,35) e «Chi ha sete venga a me» (Gv 7,37). Sono per tutti noi credenti una provocazione queste parole, una provocazione a riconoscere che, attraverso il dare da mangiare agli affamati e il dare da bere agli assetati, passa il nostro rapporto con Dio, un Dio che ha rivelato in Gesù il suo volto di misericordia.


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Saluti:
...

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. ...
Rivolgo infine un pensiero ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi la liturgia fa memoria di San Paolo della Croce, sacerdote fondatore dei Passionisti: cari giovani, specialmente i ragazzi aderenti al Festival della Diplomazia, la meditazione della Passione di Gesù vi insegni la grandezza del suo amore per noi; cari ammalati, portate la vostra croce in unione con Cristo per avere sollievo nell’ora della prova; e voi, cari sposi novelli, dedicate del tempo alla preghiera, perché la vostra vita coniugale sia un cammino di perfezione cristiana.

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