martedì 13 settembre 2016

"Ultime conversazioni" il libro che raccoglie interviste a Benedetto XVI e rappresenta il suo testamento spirituale


«Benedetto XVI è un uomo che impersona la santità, un uomo di pace, un uomo di Dio.»
Papa Francesco

Vedi la scheda del libro Ultime conversazioni



Non si era mai visto un Papa che tira il bilancio del proprio Pontificato rispondendo a domande non diplomatiche sulla sua vita privata
Benedetto XVI. Ultime conversazioni è un libro straordinario per più ragioni e non solo per quella di base che non si era mai visto un Papa che tira il bilancio del proprio Pontificato. Straordinaria è la libertà con cui Benedetto parla del successore e si paragona a lui, riconosce i propri limiti ma difende il lavoro svolto. Nega d’aver subito pressioni perché si dimettesse. Narra d’aver «sciolto» un gruppo gay operante in Vaticano. Uno dice «libertà» e viene in mente Papa Francesco che in aereo – ma anche a terra – parla con sorprendente schiettezza. Ma ecco che lo fa anche il Papa emerito: a gara si erano spogliati del rosso e a gara liberano la figura papale dai codici linguistici che la bloccavano più della tiara.

Il «testamento» di Ratzinger
Si tratta di un libro intervista con lo scrittore tedesco Peter Seewald che aveva già pubblicato tre volumi di dialoghi con Joseph Ratzinger: due quand’era cardinale (nel 1996 e nel 2000) e uno da Papa, nel 2010, intitolato Luce del mondo. Fin dal titolo Ultime conversazioni il volume si presenta come il testamento di Benedetto XVI: nei tre anni e mezzo che ci separano dalla «rinuncia» egli ha parlato poco e mai a cuore aperto come in questo testo, rispondendo a domande non diplomatiche sulla sua vita privata, sugli eventi dei suoi novant’anni (li compirà il prossimo aprile), sui fasti e i nefasti degli otto anni da Papa. Dell’atto di rinuncia racconta d’averlo scritto da solo e in latino «perché una cosa così importante si fa in latino» e osservando che se avesse scelto l’italiano «c’era il pericolo che facessi qualche errore».

La rinuncia
Quanto ai motivi della rinuncia afferma deciso che «Nessuno ha cercato di ricattarmi. Non l’avrei nemmeno permesso. Se avessero provato a farlo non me ne sarei andato perché non bisogna lasciare quando si è sotto pressione. E non è nemmeno vero che ero deluso o cose simili. Anzi, grazie a Dio, ero nello stato d’animo pacifico di chi ha superato la difficoltà». Del successore dice: «Nessuno si aspettava lui. Io lo conoscevo, naturalmente, ma non ho pensato a lui. In questo senso è stata una grossa sorpresa. Ma poi il modo in cui ha pregato e ha parlato al cuore della gente ha subito acceso l’entusiasmo. La sua cordialità, la sua attenzione nei confronti degli altri sono aspetti di lui che non mi erano noti. Perciò è stata una sorpresa […]. Quando ho sentito il nome, dapprima ero insicuro. Ma quando ho visto come parlava da una parte con Dio, dall’altra con gli uomini, sono stato davvero contento. E felice».

Il successore
Francesco vede positivamente la novità impersonata da Francesco: «Significa che la Chiesa è in movimento, è dinamica, aperta, con davanti a sé prospettive di nuovi sviluppi. Che non è congelata in schemi: accade sempre qualcosa di sorprendente, che possiede una dinamica intrinseca capace di rinnovarla costantemente. Ciò che è bello e incoraggiante è che proprio nella nostra epoca accadono cose che nessuno si aspettava e mostrano che la Chiesa è viva e trabocca di nuove possibilità».

I ricordi
Nel volume ci sono ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza nella Germania nazista di quegli anni. La scoperta della «vocazione», la prigionia alla fine della seconda guerra mondiale in un campo americano nei pressi di Ulm. I successi e le delusioni della carriere universitaria, le pubblicazioni che ne fanno un «perito» del concilio Vaticano II. Temi dei quali aveva già narrato nel volume La mia vita che è del 1997. Ma aggiunge dettagli e curiosità che non erano note: scrive solo a matita e mai a penna, quando deve «ponderare bene una questione» si sdraia sul divano, in gioventù era amante della bicicletta ma la lasciò una volta divenuto vescovo: «Non osavo essere tanto originale». Venendo in Italia si è appassionato alla «pennichella». Dal 1997 ha un pacemaker ed è praticamente cieco dall’occhio sinistro.
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