giovedì 8 settembre 2016

«Domandiamo il dono di una fede grande per diventare anche noi segni e strumenti di misericordia.» Papa Francesco Udienza 07/09/2016 (foto, testo e video)

 Udienza Generale - Piazza San Pietro 
 7 settembre 2016 

È arrivato alle 9.30, puntuale sulla normale tabella di marcia del mercoledì, Papa Francesco. Appena fatto il suo ingresso sulla jeep bianca è stato subito pacificamente travolto da una bambina e un bambino che, aiutati dai solerti uomini della sicurezza vaticana, hanno scavalcato le transenne del settore centrale per salutarlo e abbracciarlo. Poi la consueta “teoria” di bambini, alcuni vestiti con l’abito della prima comunione, con il bianco che spiccava in una giornata romana un po’ plumbea e ventosa, che ha fatto volare lo “zucchetto” del Papa, indossato poi ancora una volta poco dopo. A metà percorso circa, è stato Francesco stesso a fare un gesto di sollecito con la mano per lasciare che una bambina un po’ timida gli si avvicinasse per consegnargli una lettera scritta da lei. Poi la papamobile si è di nuovo fermata per fare spazio ad altri bambini che si sono “arrampicati” ai sostegni laterali per raggiungere il Papa. Circa 25mila i fedeli presenti in piazza per l’udienza generale, tra cui anche un gruppo di una trentina di fedeli cinesi della diocesi di Prato e un gruppo di un centinaio di fedeli provenienti da Hong Kong e guidati dal cardinale John Tong Hon. In piazza anche 120 seminaristi partecipanti al Campus promosso dalla Conferenza episcopale italiana. Sempre dall’Italia, 400 pellegrini della via Francigena provenienti dalla diocesi di Frosinone. Duecento gli sbandieratori di Castiglion Fiorentino che hanno atteso Papa Francesco ai lati del tratto finale che conduce al sagrato, come di consueto percorso a piedi dal Papa al termine del giro in jeep tra i settori della piazza. Appena sceso dalla jeep, il Papa ha salutato altri bambini e si è fermato ad accarezzare in particolare un disabile.








 


È la misericordia che salva (cfr Mt 11,2-6)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Abbiamo ascoltato un brano del Vangelo di Matteo (11,2-6). L’intento dell’evangelista è quello di farci entrare più profondamente nel mistero di Gesù, per cogliere la sua bontà e la sua misericordia. L’episodio è il seguente: Giovanni Battista manda i suoi discepoli da Gesù – Giovanni era in carcere - per fargli una domanda molto chiara: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (v. 3). Era proprio nel momento del buio … Il Battista attendeva con ansia il Messia e nella sua predicazione lo aveva descritto a tinte forti, come un giudice che finalmente avrebbe instaurato il regno di Dio e purificato il suo popolo, premiando i buoni e castigando i cattivi. Egli predicava così: «Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco» (Mt 3,10). Ora che Gesù ha iniziato la sua missione pubblica con uno stile diverso; Giovanni soffre perché si trova in un doppio buio: nel buio del carcere e di una cella, e nel buio del cuore. Non capisce questo stile di Gesù e vuole sapere se è proprio Lui il Messia, oppure se si deve aspettare un altro.

E la risposta di Gesù sembra a prima vista non corrispondere alla richiesta del Battista. Gesù, infatti, dice: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!» (vv. 4-6). Qui diventa chiaro l’intento del Signore Gesù: Egli risponde di essere lo strumento concreto della misericordia del Padre, che a tutti va incontro portando la consolazione e la salvezza, e in questo modo manifesta il giudizio di Dio. I ciechi, gli zoppi, i lebbrosi, i sordi, recuperano la loro dignità e non sono più esclusi per la loro malattia, i morti ritornano a vivere, mentre ai poveri è annunciata la Buona Notizia. E questa diventa la sintesi dell’agire di Gesù, che in questo modo rende visibile e tangibile l’agire stesso di Dio.

Il messaggio che la Chiesa riceve da questo racconto della vita di Cristo è molto chiaro. Dio non ha mandato il suo Figlio nel mondo per punire i peccatori né per annientare i malvagi. A loro è invece rivolto l’invito alla conversione affinché, vedendo i segni della bontà divina, possano ritrovare la strada del ritorno. Come dice il Salmo: «Se consideri le colpe, Signore, / Signore, chi ti può resistere? / Ma con te è il perdono: / così avremo il tuo timore» (130,3-4).

La giustizia che il Battista poneva al centro della sua predicazione, in Gesù si manifesta in primo luogo come misericordia. E i dubbi del Precursore non fanno che anticipare lo sconcerto che Gesù susciterà in seguito con le sue azioni e con le sue parole. Si comprende, allora, la conclusione della risposta di Gesù. Dice: «Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!» (v. 6). Scandalo significa “ostacolo”. Gesù perciò ammonisce su un particolare pericolo: se l’ostacolo a credere sono soprattutto le sue azioni di misericordia, ciò significa che si ha una falsa immagine del Messia. Beati invece coloro che, di fronte ai gesti e alle parole di Gesù, rendono gloria al Padre che è nei cieli.

L’ammonimento di Gesù è sempre attuale: anche oggi l’uomo costruisce immagini di Dio che gli impediscono di gustare la sua reale presenza. Alcuni si ritagliano una fede “fai di te” che riduce Dio nello spazio limitato dei propri desideri e delle proprie convinzioni. Ma questa fede non è conversione al Signore che si rivela, anzi, gli impedisce di provocare la nostra vita e la nostra coscienza. Altri riducono Dio a un falso idolo; usano il suo santo nome per giustificare i propri interessi o addirittura l’odio e la violenza. Per altri ancora Dio è solo un rifugio psicologico in cui essere rassicurati nei momenti difficili: si tratta di una fede ripiegata su se stessa, impermeabile alla forza dell’amore misericordioso di Gesù che spinge verso i fratelli. Altri ancora considerano Cristo solo un buon maestro di insegnamenti etici, uno fra i tanti della storia. Infine, c’è chi soffoca la fede in un rapporto puramente intimistico con Gesù, annullando la sua spinta missionaria capace di trasformare il mondo e la storia. Noi cristiani crediamo nel Dio di Gesù Cristo, e il nostro desiderio è quello di crescere nell’esperienza viva del suo mistero di amore.

Impegniamoci dunque a non frapporre alcun ostacolo all’agire misericordioso del Padre, ma domandiamo il dono di una fede grande per diventare anche noi segni e strumenti di misericordia.

Guarda il video della catechesi


Saluti:

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Cari pellegrini di lingua italiana, benvenuti!

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Un saluto particolare rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Domenica scorsa abbiamo celebrato la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta. Cari giovani, diventate come Lei degli artigiani di misericordia; cari ammalati, sentite la sua vicinanza compassionevole specialmente nell’ora della croce; e voi, cari sposi novelli, siate generosi: invocatela perché non manchi mai nelle famiglie la cura e l’attenzione per i più deboli.


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