giovedì 9 giugno 2016

Lettera a mia moglie, infermiera volontaria tra i profughi (e a tutti quelli che non restano a guardare)

Lettera a mia moglie, 
infermiera volontaria tra i profughi
(e a tutti quelli che non restano a guardare) 
– editoriale Africa n°4-2016

Un giorno non troppo lontano i giovani leggeranno sui libri di storia le vicende dei nostri tempi. Proveranno indignazione nell’apprendere che nel XXI secolo gli europei – artefici di una civiltà fondata sulla difesa dei diritti inalienabili di ogni individuo – eressero muri ai loro confini e militarizzarono le loro frontiere per tentare di respingere miriadi di profughi bisognosi di aiuto.

I giovani del futuro resteranno increduli e inorriditi nel comprendere che quegli esseri umani scappavano da guerre, dittature, miseria… spaventose crisi umanitarie che gli stessi europei avevano contribuito ad alimentare con la loro dissennata politica. Proveranno un moto di sdegno e di rabbia nel pensare ai misfatti della nostra epoca, come l’abbiamo provato noi quando sui banchi di scuola abbiamo appreso dei roghi di “streghe” nel Medioevo, dei milioni di persone ridotte in schiavitù durante i secoli della Tratta, dell’Olocausto nei campi di concentramento nazisti, di interi popoli sterminati in nome di Dio o di interessi più terreni.


I giovani del futuro leggeranno sui libri di scuola che nel XXI secolo decine di migliaia di persone affogarono nel Mediterraneo o morirono di stenti sulle rotte delle migrazioni nel disperato tentativo di approdare in Europa. Comprenderanno che questa immane ecatombe fu la vergogna dei nostri tempi. Ci giudicheranno con severità e si chiederanno come sia stato possibile che un’intera generazione di europei avesse smarrito del tutto la propria umanità.

Ma subito dopo scopriranno che no, non tutti gli europei restarono a guardare indifferenti. Verranno a sapere che alcuni – una minoranza più consistente di quanto non pensassero – non si omologarono al diffuso atteggiamento egoista e cinico, manifestarono solidarietà ai profughi, si batterono contro la politica xenofoba e nazionalista dilagante, portarono soccorso alle masse di esuli disperati, si spinsero fino ai confini del vecchio continente per accogliere i fuggiaschi. I giovani del futuro capiranno che in ogni epoca dell’umanità la gente si è schierata: da una parte o dall’altra della storia. E coloro che hanno preferito non schierarsi, restando spettatori passivi o volgendo lo sguardo altrove – per ignavia, cinismo o banale disinteresse – hanno di fatto assecondato i più forti e prepotenti. I pochi che hanno avuto la forza e la lucidità di andare controcorrente lo hanno fatto senza sapere come sarebbe andata a finire. Non hanno fatto calcoli di convenienza. Si sono mobilitati perché sentivano che era giusto e doveroso farlo.


Nel Medioevo ci furono degli illuminati che contrastarono la caccia alle streghe; negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso ci furono coraggiosi oppositori al regime nazifascista; durante lo schiavismo ci furono attivisti dei diritti civili che si scontrarono con i negrieri; alla vigilia di ogni guerra non mancarono irriducibili pacifisti che tentarono in ogni modo di ostacolare la dilagante aspirazione bellica. Per nessuno dev’essere stato facile sfidare il clima avverso. Vincere la tentazione di arrendersi a ciò che era ritenuto “ineluttabile”, continuare a opporsi malgrado la percezione frustrante di trovarsi di fronte a sfide troppo grandi. Taluni hanno vinto le loro battaglie, altri no. Ma quei comportamenti sono stati in ogni caso una testimonianza importante: esempi vitali di coraggio, di resistenza, di coscienza civile. Barlumi di speranza in epoche oscure.

La tua scelta di partire come infermeria volontaria per i campi profughi in Grecia – una goccia di aiuto in un mare di bisogni – non cambierà le sorti della storia. Non assolverà l’Europa dalle sue terribili responsabilità; ma è un gesto importante perché ci aiuta a scuotere le nostre coscienze dal torpore. Ed è importante per tutti quei migranti che avranno la fortuna di incrociarti nel loro tormentato viaggio: ogni volta che donerai un po’ di sollievo, un sorriso, un gesto di comprensione e di accoglienza, ricorderai a quelle persone – e a quanti, un giorno non troppo lontano, leggeranno sui libri di storia le vicende dei nostri tempi – che no, non abbiamo smarrito del tutto la nostra umanità.

Marco Trovato, direttore editoriale rivista Africa