martedì 14 giugno 2016

Giubileo degli Ammalati e delle Persone Disabili - 12 giugno Papa Francesco: "Gesù è il medico che guarisce con la medicina dell’amore" Omelia - Angelus (foto, testi e video)

 12 giugno 2016 
 Piazza San Pietro 

In piazza già dalle prime ore della mattina 50 mila persone che in questi giorni stanno partecipando al Giubileo degli ammalati e delle persone disabili attendono le parole del Papa.
L’attesa della Messa è stata scandita da testimonianze di fede anche nel dolore, come quella di Enrico Petrillo, marito di Chiara Corbella deceduta a soli 28 anni per un tumore scoperto durante la gravidanza, e del noto padre Cyril Axerold, redentorista, sordo-cieco, che ha messo in risalto come ancora resti molto da fare per l’accoglienza delle persone disabili. 

La Messa è stata scandita dalla presenza di un linguaggio dedicato alla disabilità: tutte le letture sono state tradotte da persone sorde, di diverse nazioni, in Lingua Internazionale dei Segni. Malati e disabili hanno proclamato le letture e recitato le preghiere. Ma la grande novità è stata offerta dal Vangelo: per la prima volta in Piazza San Pietro mentre veniva proclamato, un gruppo di persone disabili intellettive lo ha "rappresentato" indossando i costumi dell’epoca di Gesù, e questo per permettere che il testo venisse compreso anche dai pellegrini con disabilità intellettiva.

«Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,19). L’apostolo Paolo usa parole molto forti per esprimere il mistero della vita cristiana: tutto si riassume nel dinamismo pasquale di morte e risurrezione, ricevuto nel Battesimo. Infatti, con l’immersione nell’acqua ognuno è come se fosse morto e sepolto con Cristo (cfr Rm 6,3-4), mentre, quando riemerge da essa, manifesta la vita nuova nello Spirito Santo. Questa condizione di rinascita coinvolge l’intera esistenza, in ogni suo aspetto: anche la malattia, la sofferenza e la morte sono inserite in Cristo, e trovano in Lui il loro senso ultimo. Oggi, nella giornata giubilare dedicata a quanti portano i segni della malattia e della disabilità, questa Parola di vita trova nella nostra Assemblea una particolare risonanza.

In realtà, tutti prima o poi siamo chiamati a confrontarci, talvolta a scontrarci, con le fragilità e le malattie nostre e altrui. E quanti volti diversi assumono queste esperienze così tipicamente e drammaticamente umane! In ogni caso, esse pongono in maniera più acuta e pressante l’interrogativo sul senso dell’esistenza. Nel nostro animo può subentrare anche un atteggiamento cinico, come se tutto si potesse risolvere subendo o contando solo sulle proprie forze. Altre volte, all’opposto, si ripone tutta la fiducia nelle scoperte della scienza, pensando che certamente in qualche parte del mondo esiste una medicina in grado di guarire la malattia. Purtroppo non è così, e anche se quella medicina ci fosse, sarebbe accessibile a pochissime persone.

La natura umana, ferita dal peccato, porta inscritta in sé la realtà del limite. Conosciamo l’obiezione che, soprattutto in questi tempi, viene mossa davanti a un’esistenza segnata da forti limitazioni fisiche. Si ritiene che una persona malata o disabile non possa essere felice, perché incapace di realizzare lo stile di vita imposto dalla cultura del piacere e del divertimento. Nell’epoca in cui una certa cura del corpo è divenuta mito di massa e dunque affare economico, ciò che è imperfetto deve essere oscurato, perché attenta alla felicità e alla serenità dei privilegiati e mette in crisi il modello dominante. Meglio tenere queste persone separate, in qualche “recinto” – magari dorato – o nelle “riserve” del pietismo e dell’assistenzialismo, perché non intralcino il ritmo del falso benessere. In alcuni casi, addirittura, si sostiene che è meglio sbarazzarsene quanto prima, perché diventano un peso economico insostenibile in un tempo di crisi. Ma, in realtà, quale illusione vive l’uomo di oggi quando chiude gli occhi davanti alla malattia e alla disabilità! Egli non comprende il vero senso della vita, che comporta anche l’accettazione della sofferenza e del limite. Il mondo non diventa migliore perché composto soltanto da persone apparentemente “perfette”, per non dire “truccate”, ma quando crescono la solidarietà tra gli esseri umani, l’accettazione reciproca e il rispetto. Come sono vere le parole dell’apostolo: «Quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti» (1 Cor 1,27)!

Anche il Vangelo di questa domenica (Lc 7,36–8,3) presenta una particolare situazione di debolezza. La donna peccatrice viene giudicata ed emarginata, mentre Gesù la accoglie e la difende: «Ha molto amato» (v. 47). E’ questa la conclusione di Gesù, attento alla sofferenza e al pianto di quella persona. La sua tenerezza è segno dell’amore che Dio riserva per coloro che soffrono e sono esclusi. Non esiste solo la sofferenza fisica; oggi, una delle patologie più frequenti è anche quella che tocca lo spirito. E’ una sofferenza che coinvolge l’animo e lo rende triste perché privo di amore. La patologia della tristezza. Quando si fa esperienza della delusione o del tradimento nelle relazioni importanti, allora ci si scopre vulnerabili, deboli e senza difese. La tentazione di rinchiudersi in se stessi si fa molto forte, e si rischia di perdere l’occasione della vita: amare nonostante tutto. Amare nonostante tutto!

La felicità che ognuno desidera, d’altronde, può esprimersi in tanti modi e può essere raggiunta solo se siamo capaci di amare. Questa è la strada. E’ sempre una questione di amore, non c’è un’altra strada. La vera sfida è quella di chi ama di più. Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore anche solo per un sorriso! La terapia del sorriso. Allora la fragilità stessa può diventare conforto e sostegno alla nostra solitudine. Gesù, nella sua passione, ci ha amato sino alla fine (cfr Gv 13,1); sulla croce ha rivelato l’Amore che si dona senza limiti. Che cosa potremmo rimproverare a Dio per le nostre infermità e sofferenze che non sia già impresso sul volto del suo Figlio crocifisso? Al suo dolore fisico si aggiungono la derisione, l’emarginazione e il compatimento, mentre Egli risponde con la misericordia che tutti accoglie e tutti perdona: «per le sue piaghe siamo stati guariti» (Is 53,5; 1 Pt 2,24). Gesù è il medico che guarisce con la medicina dell’amore, perché prende su di sé la nostra sofferenza e la redime. Noi sappiamo che Dio sa comprendere le nostre infermità, perché Lui stesso le ha provate in prima persona (cfr Eb 4,15).

Il modo in cui viviamo la malattia e la disabilità è indice dell’amore che siamo disposti a offrire. Il modo in cui affrontiamo la sofferenza e il limite è criterio della nostra libertà di dare senso alle esperienze della vita, anche quando ci appaiono assurde e non meritate. Non lasciamoci turbare, pertanto, da queste tribolazioni (cfr 1 Ts 3,3). Sappiamo che nella debolezza possiamo diventare forti (cfr 2 Cor 12,10), e ricevere la grazia di completare ciò che manca in noi delle sofferenze di Cristo, a favore della Chiesa suo corpo (cfr Col 1,24); un corpo che, ad immagine di quello del Signore risorto, conserva le piaghe, segno della dura lotta, ma sono piaghe trasfigurate per sempre dall’amore.

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Cari fratelli e sorelle!

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Oggi ricorre la Giornata mondiale contro il lavoro minorile. Rinnoviamo tutti uniti lo sforzo per rimuovere le cause di questa schiavitù moderna, che priva milioni di bambini di alcuni diritti fondamentali e li espone a gravi pericoli. Oggi ci sono nel mondo tanti bambini schiavi!

Saluto con affetto tutti i pellegrini venuti dall’Italia e da vari Paesi per questa giornata giubilare. Ringrazio in modo speciale voi, che avete voluto essere presenti nella vostra condizione di malattia o disabilità. Un grazie sentito va anche ai medici e agli operatori sanitari che, nei “Punti della salute” allestiti presso le quattro Basiliche Papali, stanno offrendo visite specialistiche a centinaia di persone che vivono ai margini della città di Roma. Grazie tante a voi!

La Vergine Maria, alla quale ci rivolgiamo ora in preghiera, ci accompagni sempre nel nostro cammino.


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Al termine della Celebrazione, il Papa ha salutato alcuni malati e accompagnatori presenti. Quindi, ha voluto rivolgere il suo saluto alla folla, facendo un giro in Piazza a bordo della papamobile. 

L'amore di Francesco per i malati
E’ indimenticabile la tenerezza che Francesco riserva sempre a malati, bimbi, adulti o anziani. Un linguaggio di gesti e parole, che si è manifestato anche al termine della Messa quando il Papa si è avvicinato ad alcuni malati e accompagnatori presenti. Un linguaggio che esprime cosa sia la misericordia per il Papa: abbracciare, sorridere, in una parola accogliere

La tenerezza di Papa Francesco ai malati e disabili nel loro giubileo
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