giovedì 5 maggio 2016

NO MURI, MA CORRIDOI UMANITARI - Austria, il vescovo che dice no al muro e non muri, ma ponti. Diritti umani, ma anche ecumenismo di Andrea Riccardi

AUSTRIA, IL VESCOVO CHE DICE NO AL MURO
di Stefano Pasta


Monsignor Ägidius Zsifkovics guida la diocesi di Eisenstadt, al confine con l'Ungheria. Quando le autorità di polizia gli hanno chiesto di installare un tratto della barriera di separazione tra i due Paesi su terreni appartenenti alla Chiesa lui ha fatto obiezione di coscienza.


C’è un tempo in cui occorre dire “no”. È quello che ha pensato il vescovo austriaco di Eisenstadt, monsignor Ägidius Zsifkovics, quando la direzione della polizia ha deciso di installare su terreni della sua Diocesi un tratto della barriera che deve dividere l’Austria dall’Ungheria. Dall'altra parte della frontiera, nel villaggio magiaro di Körmend, le autorità di Budapest hanno allestito un centro di accoglienza; Vienna, in piena campagna elettorale per le presidenziali, teme che molti profughi proseguano la loro marcia verso Ovest. 

Per questo il Ministero dell’interno ha deciso di costruire una barriera di nove chilometri a Moschendorf, una recinzione più lunga di quella di Spielfeld al confine con la Slovenia. Per poter iniziare a piantare i pali e la rete, però, occorre l’assenso dei proprietari dei terreni. Tra loro c’è la Diocesi di Eisenstadt: monsignor Zsifkovics ha vietato alle ruspe di entrare in due proprietà della Chiesa. 

La decisione ha aperto una forte discussione in città: c’è chi gli ha scritto ringraziando «in nome dell’umanità», mentre da altri, che si dichiarano cattolici ma simpatizzano per gruppi xenofobi, sono arrivate critiche violente e rabbia.

Il mite vescovo ha ribadito come la crisi dei rifugiati rappresenti «una cartina al tornasole del cristianesimo»: «L’anno scorso, quando circa 200mila persone hanno passato il confine, abbiamo creato da un giorno all’altro, in edifici ecclesiastici, mille alloggiamenti di fortuna per famiglie sfinite, donne, bambini e persone anziane e indebolite. E ora dovremmo installare steccati sui terreni della Chiesa? È il mio corpo stesso che si ribella». «Ho sempre ricordato che la Sacra Famiglia è stata una famiglia di rifugiati e chi pensa altrimenti non rappresenta il Vangelo», ripete con convinzione. 

Il suo “nein” è una vera e propria obiezione di coscienza: «Sono consapevole – continua – della difficile situazione dello Stato, ma non posso accettare per motivi di coscienza. Con ogni fibra del mio corpo affermo che è impossibile per me accettare che nel Ventunesimo secolo si possano costruire dei recinti, destinati a diventare un feticcio». Zsifkovics, che è anche il coordinatore in tema di profughi delle Conferenze episcopali accreditate all’Ue, ricorda di essere nato nel 1963 a Güssing, vicino alla frontiera con l’Ungheria, di essere cresciuto nell’Europa divisa dalla cortina di ferro e di aver sperimentato «tutte le umiliazioni di una zona di confine», sempre con il desiderio di un’altra vita. 

Quella contro il muro di Moschendorf, però, non è una lotta personale del vescovo, ma vede la Chiesa austriaca impegnata a difendere il valore dell’accoglienzacontrapposto a quello che il cardinale di Vienna Schönborn ha sintetizzato con l’espressione «Fortezza Europa».
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Non muri, ma ponti. Diritti umani, 
ma anche ecumenismo
di Andrea Riccardi 



Accogliendo in Italia a Fiumicino il secondo gruppo di profughi (musulmani e cristiani) dalla Siria e dall'Iraq attraverso i corridoi umanitari, ho richiamato il primo articolo del Trattato di Lisbona, la "Costituzione" dell'Europa: "l'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello stato di diritto, del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze".

La vera Europa non ha muri, ma costruisce ponti. I corridoi umanitari sono nati dalla collaborazione fra cattolici e protestanti - la Comunità di Sant'Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche, le Chiese valdesi e metodiste- in sinergia con il governo italiano. La società civile, su tutto il territorio nazionale, provvede in totale autonomia finanziaria all'accoglienza, all'insegnamento della lingua italiana, alle cure mediche di cui molti di loro hanno bisogno.

Questo progetto coniuga insieme solidarietà e legalità, permettendo ai profughi di arrivare in Europa in maniera sicura, evitando le morti in mare e il ricorso ai trafficanti di esseri umani, dopo uno screening legale accurato. Sono un atto di solidarietà verso famiglie in gravi condizioni di vulnerabilità, ma anche una protesta europea e civile contro la guerra che da troppi anni insanguina la Siria. Abbiamo bisogno di pace presto in questo paese.

Pensiamo alle ore terribili che Aleppo sta vivendo. È significativo che tra i profughi arrivati oggi ci sia una numerosa famiglia armena, fuggita dalla città dove i loro nonni avevano trovato riparo al tempo del massacro dei cristiani di Anatolia. C'è in questo progetto di corridoi umanitari anche un messaggio ecumenico: la collaborazione tra le comunità evangeliche e una comunità cattolica come Sant'Egidio.

I rifugiati interpellano i cristiani europei: che Europa vogliono per il futuro? Non tutti i cristiani (qualunque sia la loro confessione) sono d'accordo o hanno riflettuto su questo tema. Le nostre scelte sui migranti costruiscono l'Europa di domani. Proprio sulla questione, ho auspicato la convocazione di un sinodo europeo ecumenico.
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Zafira e la sua famiglia,
 dalla Siria all'Italia con i corridoi umanitari
La storia di Zafira e della sua famiglia, testimoni delle terribili violenze della guerra in Siria, fuggiti in Libano, pronti per raggiungere l'Italia con i Corridoi Umanitari attivati da Sant'Egidio, Chiese Evangeliche Italiane e Tavola Valdese.

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In fuga da Aleppo, la speranza di Kevorc 
nei corridoi umanitari
Kevorc e la sua famiglia, cristiani fuggiti da Aleppo, distrutta dalla guerra, in partenza per l'Italia grazie ai corridoi umanitari. Si tratta di un progetto-pilota, il primo di questo genere in Europa, e ha come principali obiettivi: evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo, che hanno già provocato un numero altissimo di morti, tra cui molti bambini; impedire lo sfruttamento dei trafficanti di uomini che fanno affari con chi fugge dalle guerre; concedere a persone in “condizioni di vulnerabilità” (ad esempio, oltre a vittime di persecuzioni, torture violenze, famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo; consentire di entrare in Italia in modo sicuro per sé e per tutti, perché il rilascio dei visti umanitari prevede i necessari controlli da parte delle autorità italiane. I corridoi umanitari sono il frutto di una collaborazione ecumenica fra cristiani cattolici e protestanti: Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche, Chiese valdesi e metodiste hanno scelto di unire le loro forze per un progetto di alto profilo umanitario
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