giovedì 7 aprile 2016

Un esempio dell'Italia che ci piace: a Riace l’accoglienza si è trasformata in risorsa economica e speranza di futuro per tutti


La prestigiosa rivista “Forbes” lo ha inserito tra i 50 personaggi più influenti al mondo. Ed il bello è che è l’unico italiano di questa “top 50”. Si chiama Domenico Lucano, e da tre mandati è sindaco di Riace, paesino calabrese di poco più di duemila abitanti che deve la sua notorietà al ritrovamento dei celebri bronzi. Molti dei suoi concittadini non però calabresi: arrivano dall'Afghanistan, dal Senegal, dal Mali, dalla Palestina, dall’Iraq. Per questo è finito fianco a fianco con Angela Merkel, papa Francesco e l'ad di Apple, Tim Cook. I redattori lo hanno premiato per le soluzioni che ha dato ai problemi dell’integrazione. Lucano infatti ha ripopolato un antico borgo abitato ormai solo da gente anziana con i giovani immigrati provenienti dalle zone calde del pianeta. Ha dato loro vecchi ruderi riadattati, ha offerto percorsi di formazione e possibilità di lavoro nel campo dell’artigianato, della tessitura locale, della ristorazione e dei bed&breakfast. Insomma: ha dato un futuro a Riace, incoraggiato anche dall’allora vescovo di Locri Bregantini. 

Persino Wim Wenders ha girato in questi luoghi il bellissimo film “Il Volo” dedicato all’integrazione tra un ragazzo afghano e uno di Riace, con la partecipazione di Ben Gazzarra, l’attore preferito di Wenders. “Qui non ci sono centri d'accoglienza, qui ai migranti diamo una casa vera", dice orgoglioso Lucano, che nella sua giovinezza ha fatto l’emigrato a Torino, prima di ritornare nei suoi luoghi natii. Hanno riaperto laboratori di ceramica e tessitura, alcuni bar, panetterie e persino la scuola elementare. Ci voleva poco, forse, a ben vedere quella di ripopolare con immigrati i luoghi da cui sono partiti gli immigrati è l’uovo di Colombo, ma nessuno aveva avuto le sue intuizioni e il suo coraggio. Nessuno, a quanto pare, nel mondo.
(fonte: Famiglia Cristiana)

Dal mare sono venuti quei due gioielli d’arte portati nell’antichità da altri migranti, i greci. E quelle due statue di bronzo hanno trasformato un paesino semisconosciuto della Locride nella Riace conosciuta in tutto il mondo. «Sempre dal mare sbarcarono sulla nostra spiaggia, nel 1998, trecento kurdi arrivati fin qui a bordo di un veliero sgangherato, e ancora oggi dal mare arrivano altri stranieri in cerca d’un posto in cui vivere senza timore d’essere uccisi. L’accoglienza è nel nostro Dna. È la loro ma anche la nostra speranza e la nostra ricchezza. Non è forse un segno che il nostro paese abbandonato dagli emigranti calabresi ricominci a vivere grazie ad altri emigranti?» 
Domenico Lucano, detto Mimmo, riassume così il suo progetto amministrativo, la sua “filosofia” di sindaco di Riace. Una filosofia che sta facendo rinascere un borgo in agonia.
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Migrazione, il modello Riace
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Niente più deserto, niente tende, niente più sabbia sulla faccia. La patria ora ha il volto delle case di pietra e degli agrumeti di Riace. È così per un gruppo di rifugiati iracheni di origine palestinese, in prevalenza famiglie, che hanno trovato un nuovo alloggio in questo comune celebre per i suoi bronzi. È l’altra faccia della Calabria xenofoba della guerriglia di Rosarno. Riace è il paese dell’accoglienza. La scorsa settimana, un terzo gruppo di profughi ha raggiunto questo paesino di 1.600 abitanti che pare un presepe tra i monti, anche se è a due passi dal mare, dissanguato dall’emigrazione e dalla crisi demografica, per insediarsi in case vuote da decenni.
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Migranti, sindaco Riace: 
“Sono la ragione della mia esistenza”
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