domenica 3 aprile 2016

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n.18/2015-2016 (C) di Santino Coppolino

'Un cuore che ascolta - lev shomea'
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere 
giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)


Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino



Vangelo: 
Gv 20,19-31   


I discepoli hanno ricevuto l'annuncio che il sepolcro è vuoto, ma non hanno ancora fatto esperienza del Crocifisso Risorto. Sono ancora preda della paura della morte e non riescono a venirne fuori. Il Cenacolo, luogo dove il Signore Gesù spezza sé stesso, comunica il suo Spirito e invia ai fratelli, è diventato la loro tomba. "Il sepolcro di Gesù è aperto e vuoto, la nostra casa invece è sprangata ed è divenuta un luogo di morte, come il nostro cuore"(cit.). La realtà in cui si trovano i discepoli di Gesù nel cenacolo è la realtà di sempre e di tutti i discepoli di ogni tempo: è il luogo in cui incontriamo il Signore che non ci lascia mai soli. Egli non ci salva dalla morte - non ha salvato nemmeno sé stesso - ma nella morte, nella quale ci troviamo immersi. Le porte sprangate, le nostre chiusure, non possono fermare il Signore della Vita: alla sua Presenza la tomba delle nostre paure si spalanca allo splendore della vita e al dono della gioia. Il suo stare  "in piedi, in mezzo" al nostro cuore, nel cuore della sua Chiesa, è il segno della sua vittoria sulla morte. Incontrare lui significa risorgere insieme a lui, il Vivente, sempre presente fra i suoi nel segno della Parola che lo racconta, nel Pane spezzato, memoriale della sua passione, e nella carne sofferente e piagata dei Poveri, Sacramento vivente e Santo della sua Presenza fra gli uomini. Le mani forate e il fianco squarciato sono i segni particolari che lo identificano, le stigmate della sua 'Charitas Sine Modo', del suo amore senza misura per ogni fratello. Gesù è il Tempio nuovo dal cui fianco sgorga una sorgente, un fiume d'acqua viva che risana (Ez 47,1-12), che fa di tutti coloro che sono in esso immersi delle creature nuove, riplasmate a sua immagine.  Prorompe allora il grido di gioia di ogni credente, come il grido di una donna quando da' alla luce un figlio, come l'acuto vagito di un bambino dopo il primo respiro. Davanti ad un amore tanto grande, ad un mistero che ci sovrasta e che non possiamo comprendere ma soltanto adorare, insieme a Tommaso, gemello nostro e di Gesù possiamo, in atteggiamento orante, esclamare: 
"Signore mio e Dio mio".