martedì 15 marzo 2016

«Signore, anche senza capire mi affido alle tue mani» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
14 marzo 2016
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 



Papa Francesco:
Affidiamoci a Dio, che cammina con noi

Il barbone morto di freddo a Roma, le quattro suore di madre Teresa uccise nello Yemen, le persone che si ammalano nella terra dei fuochi, i profughi abbandonati al freddo: c’è l’eco di alcuni recenti drammatici fatti nella preghiera di Francesco durante la messa celebrata lunedì 14 marzo, nella cappella della Casa Santa Marta. 

«Signore, io non capisco, non so perché accade questo, ma io mi affido a te» ha detto. È «una bella preghiera», l’unica possibile — ha spiegato — ed è fatta propria anche dai genitori di tanti bambini disabili, affetti da malattie rare. Davanti alle tante «valli oscure» del nostro tempo l’unica risposta possibile è affidarsi a Dio che, ricorda la Scrittura, «non lascia mai solo il suo popolo». Infatti «il Signore — ha subito fatto notare Francesco riferendosi al passo del libro di Daniele (13,1-9.15-17.19-30.33-62) — cerca di far capire al suo popolo che gli è vicino, che cammina con lui». E lo fa spiegando con queste parole: «Dimmi, hai visto un popolo che abbia i suoi dei così vicini come io sono con te? Senti, io ti ho accompagnato, io ho camminato dall’inizio accanto a te, ti ho insegnato a camminare, come un papà al suo bambino».

«La vicinanza di Dio con il suo popolo — ha affermato il Papa — è il messaggio che lui, Padre, vuol darci; ma il popolo non riesce a capirlo bene». E «quando lo capisce, ha quell’esperienza che abbiamo sentito, l’esperienza del salmo 22: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce, rinfranca l’anima mia». È l’esperienza del «Signore che mi vuole bene e che è sempre accanto a me». Qualcuno, però, potrebbe obiettare: «Ma Padre, questo sembra una telenovela, perché ci sono tante cose brutte nella vita!». Invece, da parte sua, il poeta del salmo continua: «Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome: anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male perché tu sei con me». Anche se siamo in una «valle oscura», ha ribadito Francesco, «il Signore è con noi in questi momenti».

Ecco «il messaggio — ha proseguito — che oggi la liturgia ci offre con la storia di Susanna, quella donna giusta che viene sporcata dal cattivo desiderio, dalla lussuria di questi giudici». In effetti «sempre, nella storia, i giudici corrono il pericolo di giudicare per interesse: è una professione difficile». Così, si legge nella Scrittura, «questa donna è calunniata da due giudici anziani» che sono «tentati dalla lussuria». E «lei non ha vie d’uscita: o pecca facendo quello che volevano i giudici, o cade nella vendetta di questi uomini».

In questa situazione ecco la preghiera di Susanna al Signore: «Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano, tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me. Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me». Dunque, «anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me: questa è l’esperienza di Susanna». La donna «doveva andare per quella strada oscura che la portava alla morte, ma il Signore era con lei, il Signore era vicino a lei, camminava con lei come aveva camminato con il popolo, sempre, come un papà, come una madre».

È la stessa esperienza che facciamo noi anche oggi, guardando «tante valli oscure, tante disgrazie, tanta gente che muore di fame, di guerra, tanti bambini disabili, tanti». E se «tu chiedi ai genitori: “Che malattia ha?”», la loro risposta è: «Nessuno lo sa: si chiama “malattia rara”». Ed «è quella che noi facciamo con le nostre cose: pensiamo ai tumori dalla terra dei fuochi». Insomma, ha affermato Francesco, «quando tu vedi tutti questo», viene spontanea la domanda: «Dove sta il Signore? Dove sei? Tu cammini con me?». Proprio «questo era il sentimento di Susanna e oggi è anche il nostro»

Il Papa ha continuato ricordando le suore della congregazione di madre Teresa uccise nello Yemen: «Tu vedi queste quattro sorelle trucidate: ma servivano per amore, e sono finite trucidate per odio!». E non solo. «Quando tu vedi — ha detto — che si chiudono le porte ai profughi e li si lasciano fuori, all’aria, con il freddo», ritorna la domanda: «Signore, dove sei tu? Come posso affidarmi a te, se vedo tutte queste cose?». E se poi «le cose succedono a me, ognuno di noi può dire: ma come mi affido a te?».

«A questa domanda c’è una risposta soltanto» ha spiegato il Pontefice, sottolineando: «Non si può spiegare, no: io non ne sono capace. Perché soffre un bambino? Non so: è un mistero, per me. Soltanto, mi dà qualcosa di luce — non alla mente, all’anima — Gesù al Getsemani: “Padre, questo calice, no. Ma si faccia la tua volontà”». Gesù dunque «si affida alla volontà del Padre; Gesù sa che non finisce tutto con la morte o con l’angoscia, e l’ultima parola dalla croce: “Padre, nelle tue mani mi affido!”. E muore così».

È un vero e proprio atto di fede «affidarsi a Dio che cammina con me, che cammina con il mio popolo, che cammina con la Chiesa». Allora «io mi affido» dicendo magari: «Non so perché accade questo, ma io mi affido: Tu saprai perché». E «questo è l’insegnamento di Gesù: chi si affida al Signore che è pastore non manca di nulla. Anche se va per una valle oscura, sa che il male è un male del momento, ma il male definitivo non ci sarà perché il Signore, “perché tu sei con me, il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”». Ma questa, ha precisato il Papa, «è una grazia, dobbiamo chiederla: “Signore, insegnami ad affidarmi alle tue mani, ad affidarmi alla tua guida, anche nei momenti brutti, nei momenti oscuri, nel momento della morte, io mi affido a te perché tu non deludi mai, tu sei fedele».

In conclusione Francesco ha suggerito di «pensare oggi alla nostra vita, ai problemi che abbiamo e chiedere la grazia di affidarci alle mani di Dio». Pensare anche, ha aggiunto, «a tanta gente che neppure ha un’ultima carezza al momento di morire: tre giorni fa è morto uno, qui, sulla strada, un senzatetto, è morto di freddo. In piena Roma, una città con tutte le possibilità per aiutare». E così ritorna la domanda: «Perché, Signore? Neppure una carezza! Ma io mi affido perché tu non deludi; io non capisco». E proprio «Signore, non capisco» — ha detto il Papa — è una bella preghiera». E così anche «senza capire, mi affido alle tue mani».
(fonte: L'Osservatore Romano)

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