sabato 16 gennaio 2016

Don Ciotti alla Commissione Parlamentare Antimafia : "...Voglio difendere la dignità di Libera che e' un coordinamento di 1600 associazioni. Qui non c'e' don Ciotti, io rappresento un noi..."

«È da molti mesi che attorno a don Luigi Ciotti tira una brutta aria. È giunto il momento di dire basta». Il mondo cooperativo fa quadrato intorno al fondatore di Libera, dopo le accuse pesanti lanciate da un magistrato antimafia, Catello Maresca, sulla gestione dei beni confiscati alle cosche e sull’impegno dell’organizzazione fondata dal sacerdote torinese. Le cooperative, cui sono stati affidati immobili e aziende agricole sequestrate ai boss, vengono peraltro chiamate in causa anch’esse dal pm, che le definisce «non sempre affidabili», «false e con il bollino», «multinazionali» che agiscono in regime di monopolio e in maniera anticoncorrenziale. «Basta coi giudizi generici da parte di persone che non sanno di cosa parlano – sbotta Mauro Lusetti, presidente nazionale di Legacoop –. Il contributo che Libera ha dato in questi vent’anni alla ricostituzione di un tessuto di legalità in tante parti d’Italia è stato fondamentale». «Non è la prima volta che si tenta di delegittimare e gettare fango sull’impegno di chi è in prima linea contro la criminalità – osserva il numero uno di Confcooperative, Maurizio Gardini –. Pur avendo il massimo rispetto per chi ha pronunciato quelle parole, sono rimasto sorpreso e preoccupato. Anche perché, insieme a don Luigi, siamo i primi ad essere parte lesa. Succede tutte le volte che, nelle maglie della legge, finiscono per inserirsi realtà che nulla hanno a che fare con lo spirito di legalità e trasparenza che portiamo avanti». 

La paralisi amministrativa. Siamo di fronte a una solidarietà obbligata, motivata magari col fatto che molte coop hanno avuto in gestione terreni e ville sequestrati a Cosa nostra? No, è l’esatto contrario. Il terzo settore ha tutto l’interesse a reagire contro il rischio di infiltrazioni illegali, che è «reale», ha ammesso Ciotti. Sarà perché la ferita di Mafia Capitale è ancora aperta, sarà perché la voglia di fare pulizia dentro il settore è alta (sono state 100mila le firme raccolte lo scorso anno contro le false coop) fatto sta che la polemica scatenatasi intorno a Libera ha provocato una reazione immediata. «Chiariamo subito – osserva Lusetti –: se ci sono stati errori e infrazioni, vanno puniti. Ma rifiuto l’idea che migliaia di persone perbene, ragazzi e giovani che lavorano per stipendi mediamente bassi, possano fare affari con l’antimafia». Il nodo è un altro e attiene alle lentezze e ai ritardi della normativa...
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Oltre le intimidazioni. Quanto ai condizionamenti 'ambientali' per i dipendenti soci che lavorano in queste zone, «la nostra risposta è sempre la stessa: chiedere più partecipazione alla vita dell’impresa sociale, più formazione, massimo rigore » spiega il numero uno di Legacoop. «Possiamo contare su migliaia di giovani animati dal miglior senso civico e tutto questo è una grande ricchezza – spiega il presidente di Confcooperative –. Ma resta decisiva la visione e la conoscenza dei meccanismi d’impresa. Non ci si improvvisa alla guida di aziende agricole o di alberghi confiscati alle mafie. Per questo, occorre lavorare al nostro interno per garantire i massimi standard di professionalità». Tanto più che lo strumento giuridico delle cooperative è utilizzato con grandissima facilità da chi vuole approfittarne, per delinquere o fare affari sulla pelle delle vittime.
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Don Luigi Ciotti replica alle polemiche su Libera: "Da questo cammino ventennale abbiamo tratto tante fatiche, diverse soddisfazioni ma nessun vantaggio materiale".


Libera non gestisce direttamente le cooperative sui beni confiscati. Le sostiene, ne accompagna lo sviluppo, ne condivide il cammino. C’è una comunanza di obbiettivi e di ideali, ma la gestione, l’amministrazione, la ragione sociale restano autonome: questo è bene chiarirlo una volta per tutte! Libera è un coordinamento di associazioni. Difendere la sua dignità è difendere quella delle 1.600 realtà che ne fanno parte, diverse per riferimenti, storia, competenze, ma unite nell’impegno contro le mafie e la corruzione. 

Vent’anni fa abbiamo raccolto 1 milione di firme per l’approvazione della legge 109 sulla confisca e l’uso sociale dei beni delle mafie. Al di là delle difficoltà di applicazione della legge, quei beni hanno significato lavoro, crescita culturale e riscatto sociale per tante persone. Luoghi dove migliaia di giovani hanno praticato la responsabilità, che è la precondizione della legalità e della democrazia. Ci sono molte cose da migliorare, ma attenzione a generalizzare, a dire che tutto non funziona o peggio che tutto è sporco, perché il rischio è di buttare via, con l’acqua sporca, anche il bambino, inculcando il cinismo e la rassegnazione, l’idea che in questo Paese è inutile impegnarsi perché non cambierà mai nulla. 

La lotta alle mafie, alla corruzione, al furto di speranza, ha bisogno della repressione, ma la repressione non basterà mai senza una presa di coscienza collettiva, senza una nuova mentalità, senza comportamenti ispirati al bene comune. 

Da questo cammino ventennale abbiamo tratto tante fatiche, diverse soddisfazioni ma nessun vantaggio materiale. I finanziamenti riguardano solo progetti di formazione (e sono tutti rendicontati e messi a bilancio) e, quanto ai beni confiscati, Libera ne gestisce direttamente solo sei, piccoli appartamenti trasformati in sedi locali dell’associazione. 

Libera non riceve nessun bene – ha sottolineato il giugno scorso Umberto Postiglione, direttore dell’Agenzia per i beni confiscati – i beni vengono dati ai Comuni che poi li assegnano alle cooperative. Sono loro che operano insieme a Libera, che agisce soprattutto nella fase di formazione della cooperativa stessa, ma le strutture non sono di Libera, è sempre il Comune che le assegna. 

Ferisce e amareggia questa campagna di discredito che mira a demolire il nostro percorso. Libera non è perfetta – ci mancherebbe – ma è una realtà pulita, che agisce per servizio e non per potere. Questo vorrei fosse tenuto in conto da chi oggi denigra e diffama senza conoscere e, il più delle volte, senza muovere un dito.
(fonte: Famiglia Cristiana)

Nel pomeriggio di mercoledi' 13 gennaio Don Luigi Ciotti insieme ai componenti dell'Ufficio di Presidenza di Libera sono stati ascoltati in audizione pubblica davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia presieduta dall' Onorevole Rosi Bindi. Il resoconto dell'audizione attraverso il racconto delle agenzie di stampa.