SUGLI OPPOSITORI
E I “VATICANISTI” ANTI FRANCESCO
Francesco Marini
In passato, non si discutevano nei giornali questioni di principio o dibattiti teologici (tutto difatti era già chiaro e non si potevano neanche immaginare cambiamenti importanti fino a Giovanni XXIII), il discorso religioso era ridotto alle informazioni attorno al Vaticano, soprattutto sui personaggi e curiosità varie.
Con l’evento Concilio l’informazione si è specializzata con tutta una serie di divulgatori/informatori, detti “vaticanisti”, che proponevano al pubblico, in maniera più o meno chiara e convincente, questioni di fondo che venivano dibattute nel Concilio.
Un papa che non parla in codice
Ancora oggi sono i vaticanisti che seguono, informano e divulgano, con grande varietà di posizioni, sui grandi eventi e sulla vita ordinaria della Chiesa. Un’informazione che non è priva di attenzione al pettegolezzo ecclesiastico (correnti, cordate, ‘promozioni’, la scelta di qualche persona…).
Con Papa Francesco però si è avuto un cambiamento inaspettato: egli cerca, e lo dice chiaramente, una riforma della Chiesa, fatta sulla base e con i criteri del Vangelo. Se la chiesa esiste per evangelizzare (Paolo VI), il Vangelo diventa necessariamente il fondamento, il contenuto, l’obiettivo e il criterio di giudizio di tutto nella Chiesa. Ma questa Riforma deve coinvolgere prima di tutto le guide stesse della Chiesa. Deve essere una Riforma “in capite et in membris” (nei suoi capi e in tutto il popolo cristiano). Essa era stata invocata per secoli ma mai intrapresa con decisione e radicalità, come cerca di fare adesso Francesco. Un appello alla ‘conversione’ della gente da sempre risuona nella Chiesa; ma una revisione della struttura e dei comportamenti delle guide della Chiesa (e quindi a partire dall’alto), è un contributo necessario per la credibilità del messaggio del Vangelo nella e fuori della Chiesa.
La difficile opposizione
Ora, è difficile opporsi cristianamente e apertamente al programma del Papa. Perciò l’opposizione alla Riforma da parte di un notevole gruppo di ‘dignitari’ all’interno della chiesa e quindi anche dei vaticanisti che li interpretano e li rafforzano, non è diretta, non attacca le sue linee di fondo. La Riforma viene attaccata presentando piuttosto incertezze, errori nella scelta delle persone, frasi forse infelici del Papa, oppure possibili pericoli per la vita della Chiesa, contraddizione con posizioni ritenute prima indiscutibili, ecc. Del resto, il clima di libertà che il Papa ha introdotto nella Chiesa, rende più facile l’apparire di posizioni apertamente critiche o nascostamente avverse nei suoi stessi confronti. Non che ciò debba essere proibito (finalmente abbiamo superato il pensiero unico nella Chiesa e riacquistato libertà di parola!), ma c’è da domandarsi sulla base di quali criteri si fanno quelle critiche e qual è l’obiettivo che si vuol raggiungere per la Chiesa.
Un esempio chiaro di quanto appena espresso ci viene presentato da Sandro Magister che riporta nel suo blog un articolo (Papa Bergoglio a Firenze, col popolo contro le strutture) del professore Pietro De Marco definito “una critica tagliente” del discorso del Papa al Convegno Ecclesiale di Firenze. Ora, qual è la critica di De Marco a quel discorso? Primo: che il Papa impropriamente fa ricorso al pelagianesimo e allo gnosticismo per combattere alcuni atteggiamenti che egli chiede di superare (ciò è per lui ‘inquietante’) e, secondo, che il Papa si comporta come ‘capoparte’ facendo appello ai fedeli contro i Vescovi.
Ma cosa ha detto il papa a Firenze?
Ma che cosa ha detto il Papa alla Chiesa italiana a Firenze? Egli è stato chiarissimo...
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Il Papa indica il Vangelo ed essi criticano il dito! Perché questi vaticanisti non lo criticano sui temi di fondo? Perché non aiutano tutta la Chiesa a trarre le conseguenze dai principi evangelici che il Papa usa? Perché non spiegano invece quali sono i criteri che fondano le loro riserve e la loro opposizione? Cos’è che realmente li muove?
Una Riforma necessaria
A volte, è vero, vengono portati argomenti che sembrano avere più peso: quello della difesa della Tradizione e del Magistero, quello dell’influenza della Chiesa nella società e quindi della difesa del buon nome della Chiesa stessa, quello della efficienza organizzativa e dell’unità di pensiero e di azione a livello universale…
Ma nessuno di questi criteri è evangelicamente difendibile. Basti ricordare che la Chiesa nel suo cammino millenario, ha avuto posizioni e prassi molto diverse, secondo i tempi e i luoghi e che soprattutto non esiste un Magistero universale univoco ed esemplare. Basti pensare alla richiesta di perdono fatta da Giovanni Paolo II nel 2000 (a suo tempo osteggiata dal Card. Ratzinger), per vedere subito che, per secoli, tutta la Chiesa (Magistero e fedeli), ha insegnato ed agito su punti importanti della fede e della morale, secondo criteri che oggi lo stesso Magistero supremo giudica non cristiani e addirittura a volte non umani.
A mio parere, il vero problema di questa Riforma che giustamente si deve fare è l’interrogativo se il nostro Papa (e poi il suo successore), avrà la lucidità e il coraggio di tirare le conseguenze delle sue stesse denunce e dei principi che egli continuamente richiama. La comunità dei discepoli non ha bisogno dello Stato Pontificio, di ambasciatori, di concordati… Non ha bisogno di una banca… L’unica cosa necessaria è che la comunità mostri la bellezza del vivere secondo il Vangelo e questo sarà il migliore strumento di evangelizzazione. Le polemiche di questi giorni mostrano quanto più semplice e trasparente sarebbe una comunità cristiana con queste riforme che sembrano radicali e sono così semplificatrici!
Tra voi non sia così
E’ stato patetico sentire, per esempio, da alcuni cardinali: se il Papa me lo ordina, vado subito in un appartamento normale. L’autorità del Vangelo, non è sufficiente a fare ciò che dovrebbe essere richiesto dal Papa?
Un altro cardinale ha detto: ho pagato con i miei soldi (300.000 €) i lavori per il mio appartamento. Ma Gesù non aveva detto che la condizione previa per diventare discepoli era quella di vendere i propri beni e darli ai poveri?
E Gesù non aveva detto di guardarsi da coloro che mostravano vesti lunghe e colori svariati e facevano preghiere lunghe… mentre i capi delle nostre comunità non si vergognano di andare in giro vestiti come ‘alieni’, in bianco, rosso, violetto, nero…?
E Gesù non aveva detto: «tra voi non sia così»? E come mai allora questo bisogno di distinguersi, apparire, mostrare la propria autorità, quando, come dice Francesco (o meglio, il Vangelo), il compito dell’autorità è quello di servire?
E non aveva detto Gesù: non chiamate nessuno ‘Maestro’ o ‘Padre’ perché siete tutti fratelli? E come mai allora questa peste di titoli: Santità, Eminenza, Eccellenza, Padre, Reverendo…? Cosa ci perderebbero le nostre guide ad essere chiamate ‘Fratello Papa’, o ‘Fratello Vescovo’…
E in una chiesa sinodale, che bisogno c’è di un corpo di cardinali quando ci sono i capi delle chiese locali che sono per definizione corresponsabili della vita di tutta la Chiesa?
In conclusione: la critica, anche al Papa, è legittima; ma i criteri con i quali si critica dovrebbero essere chiaramente enunciati e difesi, sulla base del Vangelo e non di altro. Se vogliamo restare e divenire la comunità che continua l’opera di Gesù.
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