sabato 28 novembre 2015

Lo stile della fede


Lo stile della fede
di Mauro Magatti


Papa Francesco ha deciso di andare avanti. Nonostante che i rapporti della sicurezza abbiamo segnalato più volte rischi realistici di attentati. Una decisione coraggiosa. Una decisone di fede: perché Francesco non è temerario. Non affronta il pericolo per il gusto della sfida. Ma perché, come ha ripetuto mille volte, si sente nelle mani del Signore. A cui affida la propria vita e l’alto servizio a cui è stato chiamato.Una grande lezione di cui si accorgono soprattutto i giovani: è dunque ancora possibile sperare a partire da una fede che fa, letteralmente, camminare sulle acque, perché sostenuta da Dio.

Per questo, Francesco è in Africa accompagnato dalla preghiera dei tanti che sono in trepidazione per lui. E dal sostegno di tutti coloro che si rendono conto di quanto sia preziosa la sua figura in un momento storico così delicato; e di quanto sia importante il viaggio che sta intraprendendo: il capo della cristianità che esce dal Palazzo Apostolico di Roma e va in Africa per gettare un ponte laddove altri stanno scavando fossati è un fatto storico straordinario. In un momento dove tutti parlano, a volte in modo fin troppo disinvolto, di guerra e dove si moltiplicano i focolai di tensione, Francesco "attraversa le linee", chinandosi per dare la mano al popolo che soffre e spera.

È questo perché, come ha detto nel suo primo discorso in terra africana, è nella povertà e nella ingiustizia dimenticate che il virus dell’odio comincia a incubare. Prendendo poi la forma che l’estremismo – religioso e politico – è capace di dargli. Tema ripreso nella Messa tenuta con oltre un milione di persone: mai la violenza in nome di Dio! Dopo l’Asia, l’America Latina e gli Usa ora l’Africa. L’annuncio di papa Francesco riesce ad arrivare dappertutto. Esprimendo una leadership che non si limita a parlare, ma che agisce, in prima persona, in difesa della pace e della vita, Francesco rimette insieme ciò che nel nostro tempo viene di continuo slegato, e cioè la parola e l’azione. Origine ultima del nichilismo nel quale siamo immersi.

Ogni giorno che passa, Francesco dà peso storico a quanto ha fatto fin dal primo giorno del suo pontificato: non è forse la sua una rivoluzione dello stile? Ciò che 'buca lo schermo' – e che rende Francesco tanto popolare – è che la gente, in ogni angolo del mondo, capisce: Francesco applica la necessità del cambiamento di cui parla – un cambiamento capace di investire tanto la Chiesa quanto il mondo, la vita personale e le strutture sociali – prima di tutto alla propria persona, al proprio modo di essere Papa. È dal veder trasparire, senza ostentazione, ma con la semplicità del vivere – che ritorna tanto nel modo di parlare e di sorridere quanto nelle decisioni di governo – la verità incarnata in una persona che tanti restano positivamente sconcertati. È questa in fondo la rivoluzione – già concretamente avviata – di Francesco: riportare una grande istituzione planetaria a parlare e agire più chiaramente con uno stile evangelico. Nei gesti, nelle parole, nei silenzi, i messaggi lanciati da Francesco sono, da questo punto di vista, inequivocabili. 

A prima vista, mettere in relazione la Chiesa istituzione e lo stile personale può apparire fuori luogo, quasi una pericolosa estetizzazione. Ma non è così. Perché, come ha scritto in questi anni un grande teologo gesuita, Cristoph Theobald, il «cristianesimo è uno stile». Dove per stile non si intende un tratto superficiale, un modo di presentazione del sé, quanto piuttosto la capacità di 'mettere in forma' gli elementi della realtà in modo da orientarla verso ciò che è essenziale. E che come tale riguarda ciascuno di noi. 

Per questo il cristianesimo di Francesco – che è prima di tutto trasmissione della fede attraverso la testimonianza, cioè la concretezza della vita – non è riducibile né ad un sistema dottrinale né ad un apparato istituzionale. Che pure hanno la loro importanza. È piuttosto fede che sa dare sapore all’esistenza – nel suo dialogo con la ragione e la realtà: in una molteplicità di espressioni singolari e plurali, concrete e universali, intersoggettive e istituzionali, in grado di stabilire un nesso flessibile, ma riconoscibile, tra un contenuto e le forme di vita delle persone e delle comunità. Ovunque, nel mondo e nella storia.
(fonte: AVVENIRE 27 novembre 2015)