martedì 28 luglio 2015

Nutrire il pianeta è prendersi cura di tutti di Enzo Bianchi

Nutrire il pianeta è prendersi cura di tutti
di Enzo Bianchi

Luoghi dell'infinito,
 giugno 2015





Nel libro della Genesi, al momento di creare l’umano Dio dice:” Facciamo l’umano a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” (Gen 1,26). Poi, dopo la famosa affermazione: “E Dio creò l’umano a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò” (Gen 1,27), si torna a ribadire: “Dio li benedisse e Dio disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che si muove sulla terra’” (Gen 1,28). Ma di quale dominio si tratta? Subito dopo, infatti, sta scritto: “Dio disse: ‘Ecco, io vi do ogni erba che produce seme su tutta la terra e ogni albero il cui frutto produce seme: saranno il vostro cibo’” (Gen 1,29). Parallelamente, agli animali della terra e del cielo Dio “dà come cibo ogni erba verde” (cf. Gen 1,30), la verdura. L’uomo dunque sarà solo pastore, non predatore.
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Gesù desiderava mettersi a tavola e pranzare con le persone con cui entrava in relazione, e proprio per questo si lasciava volentieri invitare da amici e anche da nemici. La presenza di Gesù conferiva alla banalità di ogni pasto un significato più intenso: il pasto diventava un momento forte nella vita, l’accoglienza di una presenza straordinaria. A tavola egli conversava con facilità, stringeva amicizia, accettava le discussioni che vi potevano sorgere (cf. Lc 22,24). Stare a tavola per Gesù era un segno, una parabola vissuta del significato della sua stessa missione: portare la presenza di Dio nel mondo, avvicinare il regno di Dio ai peccatori, a chi dal Regno si sentiva escluso e lontano. D’altra parte, non si dimentichi che Gesù ha osservato dei tempi di digiuno (cf. Mt 4,2; Lc 4,2), una pratica che non disprezzava; ha inoltre previsto che i discepoli l’avrebbero praticato quando lo Sposo sarebbe stato loro tolto (cf. Mc 2,20 e par.). Egli però non ha mai imposto esercizi ascetici né vantato penitenze, macerazioni, mortificazioni o sofferenze del corpo. Ha sempre vissuto e insegnato ai suoi compagni una gioiosa libertà. E quando era invitato a pranzo, Gesù restava vigilante, attento, in primis alle persone; cercava di vedere e di non lasciarsi sfuggire qualcosa che potesse esser più urgente della partecipazione a un banchetto.
Sì, con Gesù il cibo riscopre la sua dimensione originaria di “cosa buona” per l’uomo e il pasto la sua verità di luogo per eccellenza della condivisione e dell’accoglienza dell’altro. Non dimentichiamo allora che “nutrire il pianeta” significa innanzitutto prendersi cura degli altri, di tutti gli altri, a cominciare dai più poveri.

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