Appello cristiano in un tempo di crisi in Europa
La Grecia deve restare in Europa
di Enzo Bianchi
“Eppure lo rovina il no – quel giusto no – per tutta la sua vita”. Così termina la profetica poesia “Che fece … il gran rifiuto” scritta da Kavafis nel 1901. Da tempo pensavo di esprimere la mia convinzione che la crisi greca non è questione di finanza né di economia ma di politica e, prima ancora, di etica e di cultura. Ora che il referendum ha obbligato tutti, volenti e nolenti, a confrontarsi su cosa si voglia fare non tanto del debito pubblico di uno stato economicamente marginale quanto piuttosto del progetto comune europeo, un appello accorato proveniente in queste ore cruciali da una ventina di teologi e docenti universitari greci, mi spinge a unire la voce e il pensiero a quanti si prodigano affinché quel “giusto no” non significhi “rovina per tutta la vita” per chi l’ha liberamente e democraticamente pronunciato.
“La crisi greca è una crisi europea”, sottolineano gli estensori dell’appello, e come tale va affrontata: “solo a livello europeo si possono trovare le basi per una soluzione sostenibile e definitiva di questa situazione problematica, dannosa e particolarmente pericolosa”. E affrontarla a dimensione europea non vuol dire affidare a istituzioni europee che non rendono conto ai cittadini o a addirittura centri di potere finanziario mondiale le decisioni per conto e contro un popolo che dell’Europa non solo fa parte ma costituisce una delle matrici storiche e culturali. Dove sono quanti invocavano a gran voce che la menzione delle “radici cristiane dell’Europa” entrasse nella Costituzione europea? Come mai non sentiamo quella stessa voce richiamare oggi i valori cristiani della solidarietà, dall’attenzione ai più poveri, del farsi prossimo a chi è in difficoltà? E come mai tacciono anche tante di quelle voci che, per contrastare definizioni confessionali nella Costituzione, ricordavano giustamente la pluralità di radici del nostro continente, privilegiando proprio il contributo di Atene e della sua cultura pre e postcristiana? Come mai gli argomenti prevalenti oggi sono solo di tipo finanziario – più ancora che economico – e anche questi selezionati in un’ottica unilaterale? Dobbiamo rassegnarci a che le uniche fondamenta della casa comune europea siano il mercato e i suoi parametri?
Gli estensori dell’appello greco si definiscono “cristiani e cittadini responsabili” di “diverse affiliazioni politiche” e sostenitori di diverse “soluzioni pratiche”, ....
... credo di non essere solo, dentro e fuori la chiesa, in Grecia come in Europa, a sentire come proprie le parole dei firmatari dell’appello: “tutti noi riconosciamo che la posizione della Grecia rimane all’interno della famiglia europea, convinzione condivisa dalla stragrande maggioranza dei cittadini greci. Chiediamo azioni che possano assicurare l’identità europea del nostro paese basata sui principi di democrazia, solidarietà, giustizia sociale, dignità, rispetto reciproco e incremento dei principi europei. Sulla base delle pietre angolari dell’unità, della cooperazione e del comune progresso dei popoli europei, vi invitiamo a lavorare insieme per salvaguardare questi valori, perché in essi riconosciamo gli elementi fondativi della comune eredità culturale, religiosa e umanistica dell’Europa. Questa eredità dev’essere conservata a ogni costo contro i poteri che mettono a serio rischio il nostro comune cammino pacifico, poteri che impongono la deificazione del mercato e mirano a ridar vita a tristi stagioni della storia del nostro continente”.
Sì, dipende anche da noi, da ciascuno di noi che quel “giusto no” pronunciato dal popolo greco sia il primo passo di un convinto e corale sì al bene presente e futuro della comune casa europea.
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La Grecia deve restare in Europa di Enzo Bianchi