domenica 3 maggio 2015

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n. 20/2014-2015 (B) di Santino Coppolino

'Un cuore che ascolta - lev shomea'
Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino



Vangelo: Gv 15,1-8






"IO-SONO il Pane della Vita (6,35); la Luce del mondo (8,12); la Porta delle pecore (10,7); il Pastore, quello Bello (10,11); la Resurrezione e la Vita (11,25); la Via, la Verità e la Vita (14,6)".
IO-SONO è la forma di rivelazione cara all'autore del quarto Vangelo, richiamante il 'Nome' impronunciabile che Dio ha rivelato a Mosè dal roveto ardente sul monte Sinài, e che Gesù applica a se stesso dichiarando apertamente la sua uguaglianza con Dio, cosa che sarà per lui fonte di guai (cfr Gv 8,58-59) e principale motivo della sua condanna a morte (cfr.Gv 19,7). Nella sua opera l'evangelista utilizza molte di queste metafore per mezzo delle quali tratteggia la figura di Gesù; anche nella pagina del Vangelo di oggi la liturgia ne presenta un'altra, ricca di suggestioni e di richiami biblici: "IO-SONO la Vite, quella Vera !". 
La vite è la pianta che richiama la terra promessa, dalla quale ricaviamo il vino, simbolo dell'amore sponsale e della gioia, che nei profeti (Os 10,1-3; Is 5,1-7; Ger 2,21; Ez 19,10-14) è figura di Israele che alla fedeltà e alle cure del suo Signore contrappone l'infedeltà dell'idolatria e la memoria corta. Adesso la Vigna/Vite è incarnata da Gesù, 'la Vite Vera' cioè la vite fedele, una vite fedele al progetto di amore che il Padre ha sull'umanità, a differenza delle altre che sfruttano il terreno e non producono nient'altro se non "uva acerba" (lett. bastarda, Is 5,1ss). Perché anche noi possiamo portare frutto in abbondanza, bisogna allora che rimaniamo attaccati a Gesù, è necessario 'Rimanere/Dimorare' (il verbo è ripetuto per ben 7 volte nel brano) in Lui, aderire con tutta la nostra vita alla 'Vite Fedele' che è Gesù, vivere della sua linfa vitale che è l'Amore del Padre. Dimorare in lui, accoglierlo e amarlo, significa avere il suo stesso modo di pensare e di operare. Un amore che non si traduce in atti concreti è falso: si ama solo "con i fatti e nella verità" (1Gv 3,18). Chi invece nutrendosi di questa linfa non si fa pane spezzato per i fratelli è un inutile parassita, sfrutta inutilmente la Vite e va 'tolto'. "Questo compito spetta però solo al Padre (l'agricoltore): né Gesù né tanto meno i discepoli possono subentrargli in questo compito" (A.Maggi). Chi invece risponde all'Amore con l'Amore, deve solamente preoccuparsi di amare sempre più perché alla sua crescita e al suo sviluppo, alla sua 'purificazione' (15,2) provvederà il Padre stesso.