La fede esemplare dei testimoni dell’AT
e la fede di Gesù (Eb 11-12)
di fr.Egidio Palumbo
(VIDEO INTEGRALE)
I MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA – 2015
della Fraternità Carmelitana
di Barcellona P.G. (ME)
AFFIDATI AD UNA PROMESSA
Il cammino umano e di fede dei Patriarchi
4 MARZO 2015
Testamento, fino ad esortarci a fissare lo sguardo su Gesù per continuare a seguirLo con perseveranza, guardando avanti, al futuro, senza voltarsi indietro e indietreggiare. Questa pagina del Nuovo Testamento ci parla quindi della fede, meglio, dell’esperienza della fede: la fede come relazione di fiducia, come volontà di affidare la propria esistenza a colui – il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di tutti i testimoni dell’AT, uomini e donne, e di Gesù Cristo – che riteniamo credibile e perciò affidabile perché non finge, non inganna, non è indifferente verso di noi e verso tutta l’umanità.
1. Omelia per una comunità scoraggiata
La lettera agli Ebrei è una grande omelia scritta per la comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme, probabilmente all’indomani della definitiva distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 d.C.), che non risparmiò neppure la stessa città. Questa lettera-omelia è finalizzata ad esortare comunità giudeo-cristiana presente a Gerusalemme, la quale è molto scoraggiata e teme per il suo futuro, a motivo del clima politico e religioso violento e sanguinario, ovvero della persecuzione romana (gli occupanti della Palestina) e dei forti contrasti con i giudei, tanto da essere tentata di abbandonare la fede cristiana e di ritornare al giudaismo. Non va dimenticato che fino a quasi tutto il I secolo d.C. il cristianesimo era considerato come uno nei movimenti religiosi tutto interno al giudaismo: questo aumentò le preoccupazioni, il disagio e la precarietà (anche economica: vedi la colletta organizzata da Paolo in 1Cor 8-9; 1Cor 16,1) dei giudeo-cristiani della comunità di Gerusalemme, comunità considerata la Chiesa-madre del cristianesimo.
L’autore della lettera agli Ebrei, giudeo-cristiano pure lui, esorta la comunità di Gerusalemme, formata in maggioranza da giudei che avevano aderito alla fede cristiana senza tagliare le radici della fede ebraica, alla resistenza e perseveranza nella fede nel Messia Gesù, in colui che è Sommo Sacerdote perché, Lui che non si è vergognato chiamarci suoi fratelli (Eb 2,11), ha offerto, ha donato la sua vita per il suo popolo e per l’umanità, aprendoci così una relazione di comunione più intima e più profonda con Dio Padre. Il tema del sacerdozio esistenziale-laicale di Gesù è il tema fondamentale di tutta la lettera (Eb 8-10): tutta la vita divino-umana di Gesù fu una liturgia, un culto esistenziale a Dio Padre; di conseguenza, la distruzione del Tempio non deve essere motivo di scoraggiamento né di ritorno nostalgico al passato, bensì di crescita e di maturazione affinché la nostra vita diventi sempre di più un sacerdozio esistenziale gradito a Dio (Eb 10,19-23; 13,10-16) e nello stesso tempo la Sua Casa, il Suo Tempio (Eb 3,6; 10,21).
Da qui l’esortazione insistente: alla resistenza contro la tentazione di tornare indietro, alla perseveranza nella fede in Cristo Gesù, a mantenere fermo il coraggio (parresia: Eb 10,35) profetico ricevuto nel battesimo, a stimolarsi reciprocamente nella carità e nelle opere buone (Eb 10,24-25.32-39).
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