venerdì 10 aprile 2015

"Quella libertà audace di avere fiducia" di mons. Bruno Forte



Quella libertà audace di avere fiducia 
di mons. Bruno Forte
arcivescovo di Chieti - Vasto



Era stata numerosa e intensa la partecipazione dei giovani all'incontro col vescovo: alcune centinaia di ragazzi, dai sedici anni in su, provenienti delle varie realtà della diocesi a me affidata. Alla domanda postami alla fine - che cosa vorrebbe ci restasse di questo incontro? - ho risposto così: il mio auspicio è che resti in tutti una domanda. Si tratta dell'interrogativo decisivo, da porsi ogni giorno nel profondo del cuore: che fiducia abbiamo in noi stessi? Sono convinto che la malattia sottile e insidiosa del tempo che viviamo, quella che è alla base della crisi che abbiamo attraversato come Paese e che non è ancora finita, sia proprio la mancanza di fiducia. Chi non ha fiducia, non spera, e chi non spera non osa, fuggendo così davanti alle sfide e alle risorse della vita. Ritrovare la fiducia in se stessi, negli altri, in Dio, è la medicina dell'anima di cui tutti abbiamo bisogno, di cui ha bisogno la nostra società per ripartire veramente e con frutto. Come fare? Provo a indicare i passi che ho proposto ai giovani. Il primo, quello che ritengo fondamentale, è l'amore: chi non ama non saprà mai che cosa vuol dire fiducia, perché l'amore è fidarsi dell'altro, affidarsi all'altro e confidare nel rapporto d'amore come sorgente di vita e di speranza. Non si tratta solo di amare qualcuno: ciò che è necessario è aprirsi alla relazione di uscita da sé e di dono che è il fondamento del rapporto d'amore con l'altro, con Dio e con il prossimo. Scopriamo noi stessi nella ricchezza delle nostre potenzialità (e non c'è nessuno che non ne abbia!) e impariamo ad avere fiducia in esse se iniziamo ad amare e a servire qualcuno, specie se piccolo e povero, sofferente e perfino ribelle alla vita, e se ci impegniamo a vedere nell'altro un soggetto degno d'amore e capace di donare amore. Se non diamo il primo posto all'altro, se non accogliamo la sfida di Dio e del prossimo da amare, non troveremo neanche noi stessi, né riusciremo a discernere le possibilità che possono rendere la nostra vita bella e degna di essere vissuta. 
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Il credente sa che la via regale per accettare la sfida è la preghiera, fatta di ascolto perseverante di Dio e degli altri che ci portino a Lui. Nella preghiera i desideri si purificano e vengono a incontrare il desiderio di Dio. Pregare vuol dire dare tempo all'azione divina su di noi, lasciandosi amare da Dio, facendosi ascolto, docilità profonda e dono davanti a Lui e per gli altri. Vivere tutto questo è sorgente di luce e di forza, di gioia profonda e di pace. Questo vuol dire la Pasqua di Gesù, morto per ognuno di noi e risorto alla vita per dare a tutti coloro che vogliano la forza di amare. È questa la Pasqua di cui mi sembra abbiamo tutti immenso bisogno!