lunedì 20 aprile 2015

Anniversario del ritorno alla Casa del Padre di Don Tonino - Il ricordo di mons. Luigi Bettazzi e di Domenico Cives, suo medico personale

Il ricordo di mons. Luigi Bettazzi degli ultimi giorni di Don Tonino (fonte del testo: Fano città)

E arrivò il lunedì di carnevale del '93: io lasciai Ivrea per andarlo a trovare e portavo con me la reliquia di un santo vescovo irlandese, morto a Ivrea dopo un lungo andirivieni tra il suo Paese e Ivrea. Gli portai dunque la reliquia dicendogli che avremmo fatto la quaresima pregando questo santo perché, essendo poco conosciuto e dunque disoccupato, non c'è nessuno che lo preghi. Quando tornai da lui il lunedì di Pasqua era crollato, aveva tenuto il discorso del Giovedì Santo dalla carrozzella e da Vienna, dove mi trovavo qualche giorno dopo, partii direttamente per Molfetta, dopo una telefonata di Mons. Nogaro che mi avvisava del precipitare della situazione. Dissi a don Tonino: "Senti, don Tonino, si possono avverare tutti i miracoli del mondo, però posso dirti che il Padre misericordioso sia uscito di casa incontro al figliol prodigo".
Il Vescovo di Caserta, Mons. Nogaro, qualche giorno prima gli aveva portato una statua stilizzata africana del Padre che sorregge il figliol prodigo e l'aveva posta accanto a don Tonino su una poltrona. Io celebrai la messa lì e lui ha tenuto il suo ultimo discorso sul padre misericordioso che esce di casa per venire incontro a noi che siamo figlioli prodighi. Il sabato e la domenica successivi rientrai a Ivrea per la celebrazione della cresima e il lunedì ritornai – viaggiando di notte – a Molfetta. 
Trovammo don Tonino lucido, si era messo una fascia portata da Giuliana Martirani dall'Equador formata da tante strisce che riportano alle diverse tribù che formano un popolo solo. Dunque don Tonino la indossò per l'ultima messa e sul tavolino dove avevano posto l'ostia e il calice c'era un tessuto fatto dalle donne serbe e croate di Sarajevo; abbiamo celebrato e pregato insieme poi, anziché dire le litanie lauretane della Madonna, io recitavo i capitoli di un libretto che lui aveva scritto citando la Madonna:

Maria, donna feriale, e lui "prega per me",
Maria, donna senza retorica
Maria, donna dell'attesa
Maria, donna innamorata
Maria, donna gestante
Maria, donna accogliente
Maria, donna del primo passo
Maria, donna missionaria
Maria, donna di parte
Maria, donna del primo sguardo
Maria, donna del pane
Maria, donna di frontiera
Maria, donna coraggiosa
Maria, donna in cammino
Maria, donna del riposo
Maria, donna del vino nuovo
Maria, donna del silenzio
Maria, donna obbediente
Maria, donna di servizio
Maria, donna vera
Maria, donna del popolo
Maria, donna che conosce la danza
Maria, donna del sabato santo
Maria, donna del terzo giorno
Maria, donna conviviale
Maria, donna del piano superiore
Maria, donna bellissima
Maria, donna elegante
Maria, donna dei nostri giorni
Maria, donna dell'ultima ora
Santa Maria, compagna di viaggio. (Maria donna dei nostri giorni – Editrice san Paolo)

Questa è stata la sua ultima preghiera. Pativa molto, era stanco di vivere, non ne poteva più di soffrire, ma diceva di offrire le sue sofferenze per la sua chiesa di Molfetta e per il popolo della pace. E quando è morto abbiamo recitato il Magnificat.

Dopo due giorni c'è stato il funerale sul molo, c'erano sessantamila persone a salutarlo: lui aveva partecipato alla marcia di Capodanno, che avrebbe dovuto essere fatta a Bari, ma poi si era tenuta a Molfetta: è stato il suo addio e avrebbe dovuto finire proprio sul molo, come augurio e saluto all'Albania, questo non era stato possibile con la marcia, lo è stato il giorno del suo funerale. Ha voluto essere sepolto per terra, accanto alla madre, il suo anello da vescovo era la fede della mamma con incisa una croce: sulla sua tomba i fratelli hanno creato una sorta di piccolo anfiteatro antistante la lapide e, in quel luogo, c'è sempre gente a pregare e meditare.


Per tutta la mattinata del 20 aprile don Tonino non aveva più la forza di parlare, era stanco e soffriva, ma aveva il suo sguardo rivolto verso il quadro della madonna delle Grazie. L’agonia cessò alle 15.26 di quel 20 aprile 1993. Qualcuno ordinò: «Suonate le campane!». Don Tonino entrava in paradiso accompagnato dal suono a festa delle campane. All’udire il suono delle campane la gente capì, e solo dopo pochi attimi si riversò nei pressi del Palazzo Vescovile. 
Domenico Cives, medico personale di don Tonino, racconterà così nel suo libro-memoriale gli ultimi istanti di vita del vescovo: 
«All’improvviso don Tonino si mostrò agitato. Mi guardò con occhi sbarrati e sembrava volermi parlare. Notai che i dolori si erano volatilizzati, poiché compiva ogni movimento senza lasciarsi sfuggire alcun lamento. Piegò infine la testa all’indietro, mentre ancora gli cingevo le spalle. Guardò verso la finestra, poi fissò nuovamente il quadro della Madonna delle Grazie. In quel preciso istante si abbandonò sulle mie braccia e il torace fu sollevato da violenti sussulti. Il suo grande cuore stava cedendo. Mentre una moltitudine di persone si era disposta attorno al letto e pregava, io ero rimasto in disparte: ebbi modo di notare il momento in cui don Tonino esalò l’ultimo respiro, mentre Marcello gli teneva il polso destro e Trifone gli accarezzava e baciava la mano sinistra». 
Cominciò così una lunga attesa con la speranza di poter rendere omaggio alla salma del vescovo. Così come la triste notizia dell’avvenuta scomparsa di don Tonino Bello si era diffusa presto in ogni parte d’Italia e del mondo, specialmente negli ambienti dove il vescovo molfettese era conosciuto e stimato. Nel frattempo i familiari e pochi amici intimi si adoperavano per vestire e sistemare le spoglie mortali di don Tonino che, all’indomani mattina, dopo una lunga notte trascorsa in preghiera, furono portate in processione nella Cattedrale dove rimasero fino al giorno successivo, prima che si celebrassero le esequie. La Chiesa diventò immediatamente la meta di un ininterrotto pellegrinaggio: fedeli, amici, confratelli, politici, giovani, ragazzi, bambini, tutti rendevano omaggio all’amato vescovo. Fuori dalla Cattedrale, dietro le transenne, un fiume di gente lentamente avanzava fino ad entrare in chiesa. Un via vai interminabile, ma del resto prevedibile. La commozione delle persone era evidente. Nessuno poteva fare a meno dal trattenere le lacrime. (fonte: don Tonino, vescovo)

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