martedì 20 gennaio 2015

L’ARCIVESCOVO DEI MIGRANTI IN SELLA ALLA VESPA

Il neocardinale di Agrigento è senza scorta e senza cattedrale. “Don Franco” è messinese, ha 68 anni, è stato presidente di Caritas Italia, oggi guida la commissione migrazioni della Cei e la fondazione Migrantes. La nomina a cardinale «mi è calata addosso come un secchio d’acqua ghiacciata. Non sapevo assolutamente niente. A fine Messa, mentre celebravo, un prete mi ha invitato a dare la notizia. Gli ho detto di smetterla di scherzare. Mi sono sentito confuso: era qualcosa di inaspettato, ma anche di gradito, un gesto di attenzione e non posso che dire grazie al Papa che si è fidato di me, che sono solo un uomo che cerca di portare avanti il suo lavoro».

Francesco Montenegro ha un linguaggio semplice per dire cose difficili, uno stile che lo rende vicino alla sua gente, come la Vespa che usa per girare Agrigento. Ma non fa sconti: quando è arrivato in diocesi ha rimesso in circolazione la parola “mafia”, assente nei discorsi dei preti e nella catechesi; e, un paio di anni fa, ha negato la celebrazione eucaristica ai funerali religiosi di un vicecapo della mafia. Si è anche trovato senza cattedrale, inagibile perché posta sul lato nord della collina dell’antica Girgenti, che continua inesorabilmente a scivolare a valle. «Se si chiude il centro storico, Agrigento muore», ha più volte detto Montenegro, rivendicando la volontà di non abbandonare il quartiere. «Sarebbe più comodo, ma se andiamo via noi cosa resta?». Per mettere tutto in sicurezza ci vorrebbero due milioni di euro, che la Regione ha promesso da tempo. Nell’attesa la Chiesa continua a tenere i riflettori accesi e a promuovere iniziative per animare la città antica.
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