Un nuovo inizio
Prepararsi alla liturgia domenicale
(II di Avvento)
di Antonio Savone
In un clima di incertezza spesso attraversato da rassegnazione e da fuga – come forse poteva essere quello subito da Israele deportato a Babilonia –, in un contesto come il nostro in cui ci si ritrova incapaci di progettare visioni dal respiro ampio, l’Avvento viene a rimettere a tema la promessa di Dio. Un nuovo inizio è possibile. E non già perché magicamente le sorti si siano rovesciate ma perché Dio ridona fiducia ad un popolo che patisce la dispersione chiedendogli di attraversare il deserto forte della sua promessa, forte dell’esperienza di uno che ti ha parlato sul cuore. La sfida del deserto è permanente ed è trasversale ad ogni generazione di uomini e di credenti.
A quel popolo Dio ha poi fatto dono del Figlio il quale si inserisce nella vicenda umana dagli inizi, non con gesti di forza né con strategie politiche ma ponendosi al passo dell’uomo, quello più debole, umilmente.
Si ricomincia. Ma non a caso. Non facendo navigazione a vista e nemmeno nella convinzione che una strada vale l’altra, un modello vale l’altro. L’Avvento torna ogni anno proprio per ricordarci che se un nuovo inizio è possibile questo non può avvenire che da un vangelo, dalla lieta notizia di Gesù Cristo che conferisce rilevanza anche a un quotidiano che non porta i segni dell’evidenza manifesta e che, forse, porta addirittura tracce di contraddizione.
L’Avvento è proprio il tempo in cui siamo sollecitati a dilatare il desiderio, lo sguardo, il cuore per accogliere il modo nuovo in cui Dio ci visita. È necessario farci compagni di cammino di tutta quella folla che si recava verso il Battista. C’è un esodo da compiere, ognuno il suo. Tempo per preparare nuove vie, tempo per intravvedere nuovi percorsi persino in un deserto, come attesta Isaia. Tempo per mettersi sulla via di Dio che non è altro se non la via dell’uomo.
Convertirsi non è anzitutto un adempimento secondo il quale finalmente giunge un momento in cui ci si possa sentire a posto e garantiti. Convertirsi è lasciarsi continuamente immergere nelle intuizioni che lo Spirito va suscitando. E lo Spirito è sempre davanti a noi e perciò richiede la disponibilità a stare in cammino, a non sentirsi mai arrivati. Lo Spirito non è soltanto qualcosa che abbiamo ricevuto un giorno nel battesimo, è una realtà dentro la quale, per dirsi credenti, è necessario stare immersi. Guai a pensare la vita secondo la logica di raggiungimento di obiettivi: la realtà ci dice come siamo perennemente in ritardo sui ritmi che la vita detta.
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