domenica 19 ottobre 2014

«Paolo VI, un ritratto spirituale» di Enzo Bianchi



Pubblichiamo l'intera meditazione dal titolo «Paolo VI, un ritratto spirituale» che il priore di Bose ha tenuto nella cattedrale di Brescia il 5 ottobre scorso, alla presenza del vescovo Luciano Monari della quale L'Osservatore Romano ha pubblicato la parte centrale.


Accostarsi al profilo spirituale di un santo, cercarne delle tracce per poterlo leggere e infine con audacia osare proporlo pubblicamente è un’opera difficile e temeraria. Questa riflessione mi è stata chiesta dal vescovo Luciano Monari, e io ho cercato di impegnarmi in essa leggendo e soprattutto riflettendo; ora però, con piena consapevolezza, confesso che sono quasi pentito di aver accettato di compiere questa fatica.

Non ho conosciuto personalmente Paolo VI e non l’ho mai incontrato, a differenza di quanto mi è accaduto con i suoi successori. L’ho ascoltato, l’ho visto, certamente l’ho sempre letto, e devo confessare che ogni volta che sono chiamato a dire qualche parola sulla chiesa e sull’evangelizzazione, rileggo i suoi scritti, che restano insuperati dallo stesso magistero papale successivo. Questo lo ha detto in varie occasioni anche papa Francesco, riferendosi soprattutto all’EnciclicaEcclesiam suam (6 agosto 1964) e all’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), testi che non hanno ancora indebolito né esaurito la loro forza ispiratrice, e perciò profetica, per la vita della chiesa e dei cristiani nella storia degli uomini.

Paolo VI è stato il papa della mia vicenda cristiana e monastica che, nata alla fine del concilio, è cresciuta durante gli anni del suo pontificato, assumendo quel profilo che è diventato forma vitae nostrae e trovando collocazione e comunione nella chiesa. Qui vorrei solo ricordare un momento della sua vita che è stato vissuto da me e dalla mia comunità con un’intensità e una consapevolezza forti. Il 6 agosto, festa della Trasfigurazione del Signore, è la ricorrenza scelta da noi come festa della comunità, giorno in cui, nella gloria e nella luce del Cristo trasfigurato, celebriamo le professioni monastiche definitive, emettendo i voti davanti alla chiesa.

Quel 6 agosto del 1978 avevamo vissuto la liturgia eucaristica nella quale un fratello e una sorella si impegnavano per sempre nella vita monastica, stringendo l’alleanza definitiva. Alla sera, nel chiarore dell’estate, eravamo nella chiesetta a celebrare compieta, e io stavo tenendo la monizione fraterna, invitando tutti al ringraziamento, quando un fratello venne a sussurrarmi nell’orecchio la notizia della morte di Paolo VI. Dopo qualche istante di silenzio dissi semplicemente: “Ecco, nel segno della trasfigurazione del Signore, nella bellezza della gloria del Signore, Paolo VI ha incontrato il volto da lui tanto amato. La sua morte alla sera di questo giorno riceve dal Signore il sigillo: ha amato Gesù Cristo e la sua bellezza umana e divina, e in questa luce il Signore lo ha preso con sé”.

Dopo questa breve premessa vorrei ora fornirvi alcune tracce del profilo della vita spirituale di Paolo VI, essenzialmente due:
- il cristocentrismo;
- il volto di Cristo in una chiesa che si fa dialogo.

O potremmo anche dire, con le parole che papa Francesco ha rivolto poco più di un anno fa ai partecipanti al pellegrinaggio della vostra diocesi a Roma: “L’amore a Cristo, l’amore alla chiesa e l’amore all’uomo. Queste tre parole sono atteggiamenti fondamentali, ma anche appassionati di Paolo VI” (Basilica Vaticana, 22 giugno 2013).

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Ascolta l'audio della meditazione di Enzo Bianchi nella cattedrale di Brescia  (mp3)