giovedì 2 ottobre 2014

Ad un anno dalla tragedia di Lampedusa il commovente incontro di Papa Francesco con i superstiti e alcuni familiari



«Chiedo a tutti gli uomini e donne d’Europa che aprano le porte del cuore! Voglio dire che sono vicino a voi, prego per voi, prego per le porte chiuse perché si aprano!». Era commosso papa Francesco quando ha pronunciato queste parole rivolgendosi questo pomeriggio, nell’auletta della Sala Nervi, a un gruppo di superstiti e familiari del naufragio avvenuto un anno fa, il 3 ottobre 2013, presso le coste di Lampedusa, in cui avevano trovato la morte 368 migranti.

Una delegazione di 37 persone, quella ricevuta dal Papa: tutti eritrei (oltre venti superstiti del barcone affondato e alcuni familiari), provenienti da diversi Paesi europei dove hanno trovato accoglienza, tra cui Germania, Svezia, Norvegia, Olanda, Danimarca, spesso presso familiari che già vi si trovavano. Altri sopravvissuti si uniranno alla delegazione per le commemorazioni a Lampedusa venerdì 3 ottobre.
 

Uno dei rifugiati si è rivolto al Papa in inglese, chiedendo appoggio e sostegno, ad esempio per il riconoscimento delle salme che in certi casi non è ancora potuto avvenire. Un altro ha parlato nella sua lingua, una giovane ha ringraziato Francesco per le diverse forme di appoggio e aiuto verso migranti e rifugiati. Il Pontefice, quindi, ha rivolto loro alcune parole commosse, col pensiero all’immane tragedia di un anno fa: «Sento cose che non si possono dire perché non si trovano le parole per dirle. Tutto quello che avete sofferto si contempla nel silenzio, si piange e si cerca il modo di essere vicini».

E ancora: «A volte quando sembra di essere arrivati al porto ci sono cose durissime. Si trovano porte chiuse e non si sa dove andare. Ma ci sono molte persone che hanno il cuore aperto per voi. La porta del cuore è la più importante in questi momenti. Chiedo a tutti gli uomini e donne di Europa che aprano le porte del cuore! Voglio dire che sono vicino a voi, prego per voi, prego per le porte chiuse perché si aprano!».

Al Papa, che scelse proprio Lampedusa per il suo primo viaggio, l’8 luglio dell’anno scorso, e che vede nel problema dei migranti una delle questioni centrali nel suo pontificato, è stata offerta in dono una scultura in ferro, raffigurante una bottiglia nel mare che al suo interno racchiude una famiglia. Al termine Bergoglio ha salutato personalmente ognuno dei presenti.

«Santo Padre, vorremmo pregare assieme a Lei affinché quello che è successo non accada mai più», è stata la richiesta di sostegno che i partenti delle vittime hanno rivolto al Papa attraverso una lettera aperta. «Vorremmo che Lei tornasse ancora a levare la sua voce affinché nessuno sia più costretto a fuggire dalla propria terra, la propria casa, i propri affetti; affinché nessuno sia più costretto a rischiare la vita nel lungo e difficile percorso che dal nostro paese, dai nostri paesi devastati dalla violenza, porta verso l’Europa, verso la pace e la tranquillità, verso una vita normale».

La delegazione è stata organizzata dal «Comitato 3 Ottobre», presieduto da Tareke Brhane, e accompagnata dall’elemosiniere pontificio mons. Konrad Krajewski, e da padre Giovanni Lamanna, già presidente del Centro Astalli. In questi giorni è stata presentata una proposta di legge perché il 3 Ottobre sia riconosciuto come «Giornata in ricordo delle vittime del mare». Alcuni dei presenti hanno anche potuto compiere i test predisposti dalle autorità italiane competenti per il riconoscimento di alcune delle salme non ancora identificate. (fonte testo: SECOLO XIX)

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E’ passato un anno e i familiari delle vittime non dimenticano. Ieri sono stati ricevuti da Papa Francesco in Vaticano. Domani saranno a Lampedusa, proprio lì, in quel lembo di terra promessa dove i loro fratelli non sono mai approdati. Insieme a loro anche i superstiti di quella strage...

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Riproponiamo anche il nostro post pubblicato il 3 ottobre 2013: