Le notti di Maria
Beata Vergine Addolorata
di Antonio Savone
Trovo in questa celebrazione come un invito a metterci, ancora una volta, alla scuola di Maria, per apprendere cosa possa significare lasciarsi guidare dallo Spirito Santo soprattutto in quei momenti della sua esistenza che possono essere letti secondo il versante della crisi e dell’affidamento.
Non è stato forse un momento di crisi quello da lei vissuto all’annuncio dell’angelo? Progetti, desideri e speranze condivisi col suo fidanzato Giuseppe, messi in discussione dallo Spirito di Dio che le chiedeva di farsi grembo di un progetto che portava tutti i tratti dell’impossibilità. Nondimeno, Maria ascolta, interroga, cerca di capire e pur nella difficoltà a riuscire a conciliare impossibilità umana e annuncio di Dio, si affida ospitando un sogno che potrà realizzarsi solo grazie a lei. Maria lo fa lasciando parlare i segni che l’angelo le indica: c’è una grande differenza tra cercare i segni e riconoscere i segni.
Maria intuisce che quando c’è di mezzo Dio la vita è da concepire come un sistema aperto: Dio scombussola e mette in cammino. Quando gli dici di sì, la strada diventa il tuo luogo e il viaggio la tua occupazione. Vivere la vita con spirito di fede è accettare di stare a una perenne scuola di vela, dove appunto la tua vita è la vela e Dio è il vento che la fa andare.
Quante volte la vita scombussola i nostri assetti! Quante volte, a fronte dell’imprevisto e dell’ineludibile, corriamo il rischio di cadere o nella rassegnazione o nel risentimento rabbioso! Questi momenti – ci ricorda Maria – si affrontano provando a cogliere in quegli eventi quale parola Dio stia pronunciando su noi e sulla nostra vicenda, capaci di ospitare anche ciò che a tutta prima a noi pare inconcepibile. Quanti sogni e progetti Dio ispira e noi li vanifichiamo solo perché ci è chiesto di fare spazio a qualcosa che è oltre le nostre aspettative!
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È possibile stare in una esistenza segnata da vicende tanto aspre? Chissà quante domande nel cuore di Maria, domande prive di risposte lucide! Maria non giungerà al Calvario impavida e fiera, con il passo di chi sfida un destino avverso. Arriverà alla croce senz’altro con passo incerto. Il dolore rende fragili, insicuri, smarriti.
Stare sotto la croce significa anzitutto accettare che dentro la fede non ci siano evidenze.
Se al cuore della nostra fede c’è la croce, allora dobbiamo riconoscere che al cuore della nostra fede c’è qualcosa che fa scandalo, e che essere credenti significa patire questo scandalo.
Nel dolore e forse anche nello smarrimento, Maria ha continuato ad essere nell’attesa e a nutrire speranza, anche nella crisi per eccellenza.
“La forza di stare in certe situazioni, senza fuggire e senza accasciarsi, è data dall’attesa che comunque non cessa, dalla speranza che non viene meno, perché Dio può farci sempre riconoscere un “oltre” che riscatta il presente, un’alba dopo la notte, un “nuovo” che può sempre germogliare. Ha scritto don Tonino Bello: “La vera tristezza non è quando, la sera, non sei atteso da nessuno al tuo rientro in casa, ma quando tu non attendi più nulla dalla vita”.”
Se guardiamo alla nostra fede, misuriamo come essa sia una fede di frammenti, intermittente. Quella di Maria è una fede che rimane sempre. È un percepire, leggere, interpretare tutta la vita alla luce della fede. La vita nella fede, più che la fede nella vita. Non la vita che cerca ogni tanto, qua e là, sicurezze occasionali dalla fede, ma la vita accolta, amata, protesa verso il futuro, dentro l’orizzonte ben più grande e sorprendente offerto dalla fede. Per cui ogni evento è accolto, interpretato, vissuto con lo sguardo della fede.
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