giovedì 25 settembre 2014

La scelta di Catia tra i naufraghi da salvare - Per capire, una volta per tutte...



La scelta di Catia
tra i naufraghi da salvare


Il video sconvolgente degli immigrati aggrappati ai salvagenti. I marinai guidati dalla comandante: ributtavamo in mare i morti per fare spazio ai vivi

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... Ci sono immagini cariche di un dolore quasi insostenibile, che però è necessario vedere. Certe volte dovrebbe essere proibito girarsi dall’altra parte. 
Il terribile filmato del quale oggi vedrete un estratto sul sito del Corriere della Sera fa parte di quei documenti che non fanno sconti, esigono il pagamento di un prezzo emotivo. L’allarme venne lanciato da un profugo che si trovava a bordo del barcone e utilizzava il telefono satellitare dello scafista. Primo pomeriggio dell’undici ottobre 2013, quel mese terribile.
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Cominciamo dal’alto, e da lontano. Agli occhi della giovane tenente di vascello Catia Pellegrino, comandante della nave Libra della Marina militare, la scena si presenta come la vedrete voi, una distesa illuminata dal sole calante dalla quale provengono voci, urla indistinte. Ad aguzzare la vista si distinguono piccoli gruppi di persone che alzano le mani dall’acqua per attirare l’attenzione. A questa distanza non si capisce bene, non si colgono le dimensioni del disastro e dell’operazione di soccorso che sta per cominciare, che deve cominciare, ogni minuto perso significa al momento dell’arrivo sul posto uno di quei puntini all’orizzonte non ci sarà più. Da vicino è diverso, molto diverso. Da vicino è qualcosa che non si può spiegare con le parole. E lo sappiamo che quelle scene le abbiamo raccontate tante volte sui nostri giornali, ma sempre attraverso il filtro dei testimoni, con le parole degli altri. Adesso le potete vedere per la prima volta, adesso possiamo capire cosa c’è dietro il titolo «Tragedia in mare, si ribalta gommone al largo delle coste italiane», così frequente e ripetuto da diventare facile pretesto per rifugiarsi nell’indifferenza dell’ineluttabile.
Non sono le immagini dei corpi adagiati sul fondale a comporre un cimitero sotto al mare, anch’esse tremende ma in qualche modo definitive. Questo filmato fa entrare in un zona dove la vita e la morte sono vicinissime, come spiega uno dei soccorritori. L’elicotterista quasi supplica, fate in fretta, fate in fretta. Ci sono i bambini che non vogliono lasciare il corpo ormai inerte dei genitori, le donne che non urlano per farsi issare a bordo, urlano di disperazione perché accanto ci sono i loro bambini che ormai non sollevano più la testa. E poi, anche a costo di sfidare la retorica: ci sono le donne e gli uomini della nostra Marina militare. Gente con facce, vita e famiglie come le nostre. Costretti a immergersi per raccogliere i corpi di quei bambini e poi abbandonarli nuovamente in acqua, perché sulla motovedetta non c’è spazio sufficiente per i vivi e per i morti, bisogna fare una scelta. Come quella, molto più facile, di mettersi davanti a uno schermo. E guardare. Tutto, senza distogliere mai lo sguardo. Per capire, una volta per tutte...