domenica 20 luglio 2014

XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO / anno A - Commento al Vangelo di mons. Vincenzo Paglia


XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO / anno A
20/07/2014

Commento al Vangelo 
di mons. Vincenzo Paglia


Matteo 13,24-43


In questa sesta domenica dopo Pentecoste continua la lettura del capitolo 13 del Vangelo di Matteo, iniziato domenica scorsa. È il “capitolo delle parabole”, centrato tutto sull’immagine del “Regno dei cieli”. Si tratta di un tema centrale della predicazione di Gesù, e quindi decisivo per la comprensione stessa del Vangelo e della volontà di Dio sugli uomini. Con tre parabole, il Regno viene paragonato prima agli steli del grano costretti a convivere con la zizzania, poi a un seme microscopico, quello della senape, che diviene però un grande albero e, infine, a pochi grammi di lievito capaci di fermentare una massa di farina. L’ascolto di queste parole evangeliche provoca l’allargamento del cuore e della intelligenza per giudicare e vivere la vicenda umana.
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Potremmo dire che da questa parabola inizia la storia della tolleranza cristiana, come anche quella del suo tradimento. È una parola che secca in radice l’erba davvero malvagia del manicheismo, di ogni distinzione possibile tra buoni e cattivi, tra giusti e ingiusti. C’è qui in luce, non solo l’invito ad una illimitata tolleranza, ma persino al rispetto per il nemico, anche quando fosse nemico non solo personale ma della causa più giusta e più santa, di Dio, della giustizia, della nazione, della libertà.

Questa parabola, così lontana dalla nostra logica e dai nostri comportamenti, fonda una cultura della pace. Oggi che assistiamo al proliferare di tragici conflitti locali e alla facile corsa al bersaglio (quando ci si sente più forti), è necessario riproporre questa parola evangelica per privilegiare, o quantomeno non escludere, il momento del dialogo e delle trattative. Non è segno di debolezza e di cedimento. È concedere ad ogni uomo la possibilità di scendere nel profondo del proprio cuore per ritrovare l’impronta di Dio e della sua giustizia. Questo richiede l’intelligenza e, perché no, la furbizia di guardare in faccia il proprio nemico e di riconoscergli la buona fede e lo stesso desiderio sincero di pace. Questo vuol dire superare la logica del nemico.

La parabola non dice che non ci sono nemici. Tutt’altro. Indica però un modo diverso di trattarli: piuttosto che la mietitura violenta, che rischia di strappare anche la pianta buona, è da preferire la paziente selezione ed attesa. È una grande saggezza che contiene una forza incredibile. Davvero questa parola di tolleranza e di pace è simile a quel granellino di senape e quel pugno di lievito. Se la lasciamo crescere dentro di noi e nel profondo della vicenda umana sconfiggerà l’inimicizia e lo spirito di guerra. La decisione del padrone del campo, se accolta, può trasformare l’umanità intera. La crescita della pianta cattiva non deve spaventarci. Quel che conta è far crescere il più possibile la pianta buona. Così si afferma già sulla terra il Regno dei cieli