venerdì 25 luglio 2014

Non è un mondo per cristiani di Giuseppe Savagnone


Non è un mondo per cristiani 
di Giuseppe Savagnone 



Ci sono violenze in cui è difficile separare nettamente il ruolo dei carnefici da quello delle vittime. All'opinione pubblica mondiale, giustamente impressionata dal massacro di civili e dalle devastazioni indiscriminate di cui è responsabile in questi giorni l'esercito israeliano nella striscia di Gaza, non può sfuggire che questa azione militare si inserisce in una folle faida pluridecennale, in cui la posta in gioco è stata ed è, dichiaratamente, da parte palestinese, l'annientamento dello Stato d'Israele. Una faida che, peraltro, ha avuto il suo ultimo rilancio con l'assassinio di tre ragazzi ebrei e una pioggia di razzi lanciati da Hamas su obiettivi civili.

Reciprocamente, a chi (come alcuni notissimi giornalisti italiani) fanaticamente identifica le critiche alla politica israeliana con un'ennesima manifestazione di antisemitismo e considera l'operazione in corso un legittimo atto di autodifesa, è facile ricordare le innumerevoli vessazioni a cui Israele ha sottoposto in questi anni - e continua a sottoporre - uomini, donne e bambini palestinesi anche in tempo di "pace" e l'inaccettabilità di uno stile che ricorda purtroppo quello di cui gli stessi ebrei sono stati vittime al tempo del nazismo.

Ferma restando la solidarietà con gli innocenti che, dall'una e dall'altra parte, scontano le responsabilità dei loro capi, si capisce la difficoltà che le persone di buon senso hanno nel condannare unilateralmente l'una o l'altra fazione in conflitto, chiudendo gli occhi sui torti dell'altra. Più che attraverso una simile presa di posizione a favore dell'uno o dell'altro, la pace si può raggiungere attraverso una "conversione" di entrambi (è quello che ha tentato papa Francesco qualche tempo fa) alla logica del dialogo.

Ci sono, però, violenze dove la contrapposizione tra carnefici da una parte e vittime dall'altra è più evidente e in cui sarebbe più possibile e necessario schierarsi dalla parte delle seconde contro i primi. Ma, stranamente, sono quelle di cui si parla di meno e alle quali l'opinione pubblica - a livello sia internazionale che italiano - guarda con minore attenzione, se non addirittura con aperto disinteresse.

Una di queste è la sistematica persecuzione dei cristiani in alcune aree del mondo, come l'Iraq e la Nigeria, ad opera di fanatici che deliberatamente si propongono la loro eliminazione fisica dai territori che essi controllano. In Iraq - ma anche nelle zone della Siria coinvolte dall'offensiva conquistatrice dell'Isil, l'autoproclamatosi califfato islamico che ora controlla questi territori - ai cristiani è stato posta la drastica alternativa tra convertirsi all'islam o abbandonare le loro case, le loro terre, il loro lavoro, senza neppure portare con sé i loro averi mobili. Altrimenti, la morte.

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