S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
12 maggio 2014
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m.
Papa Francesco:
“Chi siamo noi per chiudere porte?”
Nella Chiesa tutti, indistintamente, siamo incaricati di praticare l’antico ministero dell’ostiario, cioè di «colui che apre le porte» e «accoglie la gente». E del resto nella storia della Chiesa non è mai esistito il ministero di «colui che chiude le porte» in faccia alle persone.
È dunque un invito a non “ingabbiare” lo Spirito Santo quello che il Pontefice ha rivolto nella messa celebrata lunedì mattina, 12 maggio, nella cappella della Casa Santa Marta. Nell’omelia il vescovo di Roma ha subito riproposto una pagina degli Atti degli apostoli (11, 1-18), che, ha confidato, considera «uno dei brani più belli» e che «insegna tanto a noi vescovi». Già l’incipit, ha spiegato, è molto forte: «Gli apostoli e i fratelli che stavano in Giudea vennero a sapere che anche i pagani avevano accolto la parola di Dio. E, quando Pietro salì a Gerusalemme, i fedeli circoncisi lo rimproveravano dicendo: “Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!”».
Ai loro occhi «questo era proprio uno scandalo», una cosa che non avrebbero «mai pensato» potesse accadere. Per loro infatti non era neppure immaginabile entrare in casa e addirittura sedersi a tavola con persone non circoncise, per una questione di impurità.
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Proprio lo Spirito «ha spinto Pietro ad andare» avanti, lo ha incoraggiato, perché «non ci sono cose impure». E Pietro ha obbedito. Poi, ha ricordato il Pontefice, «succede quello che sappiamo: il battesimo di Cornelio e di tutta la sua famiglia». Ma ai rimproveri dei «fratelli della Chiesa di Gerusalemme» Pietro replica «con questa frase: se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato a noi, per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?».
Una domanda che oggi, ha affermato il Papa, raggiunge ciascuno di noi, perché «quando il Signore ci fa vedere la strada, chi siamo noi per dire: no, Signore non è prudente, no, facciamo così?». È Pietro a «prendere questa decisione» e a dire: «Chi sono io per porre impedimenti?». Si tratta davvero di «una bella parola — ha spiegato il Pontefice — per i vescovi, per i sacerdoti e anche per i cristiani: chi siamo noi per chiudere le porte?». Non a caso nella Chiesa c’è sempre stato il «ministero dell’ostiario», che è colui che apre la porta, riceve la gente e la fa passare, ma «mai c’è stato il ministero di quello che chiude la porta, mai!».
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Il Pontefice ha quindi invitato i cristiani «a chiedere al Signore la grazia della docilità allo Spirito Santo, la docilità a questo Spirito che ci parla nel cuore, ci parla nelle circostanze della vita, ci parla nelle vita ecclesiale, nella comunità cristiana, ci parla sempre: vai avanti, prendi decisioni, fai questo...». E ha suggerito anche di ricordare sempre la domanda di Pietro: «Chi sono io per porre impedimenti allo Spirito Santo? Chi sono io per cambiare il ministero dell’ostiario nella Chiesa che, invece di aprire, chiude le porte? Chi sono io per dire fino a qui e non di più? Chi sono io per ingabbiare lo Spirito Santo?».
Nel rispondere a queste domande, ha auspicato il vescovo di Roma, «il Signore ci dia quella calma che hanno avuto i cristiani della Giudea» dopo aver ascoltato Pietro, «e ci dia anche la grazia di glorificare Dio». Quei cristiani ebbero a dire: «Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita». E noi oggi, ha concluso Papa Francesco, diciamo che anche a questa gente tanto lontana dalla Chiesa e che forse ne ha un'opinione negativa «Dio ha concesso che si convertano, perché abbiano la vita, perché lo Spirito Santo è sovrano».
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