martedì 1 aprile 2014

Era proprio necessaria la reliquia di padre Puglisi?

Era proprio necessaria la reliquia di padre Puglisi?
di Valentina Chinnici
(foto d'archivio privato concessa da Nora Ales: padre Puglisi è l'ultimo in alto, a destra)
Padre Puglisi a casa mia è sempre stato una figura mitica.
Mia madre se lo era ritrovato compagno di classe, all'Istituto Magistrale De Cosmi: un ragazzino smilzo con i calzoncini corti, seduto nel banco dietro di lei.
A quel tempo mia madre portava lunghissime trecce nere, di cui andava tanto fiera, e quel compagnetto dispettoso si divertiva a tirargliele con energia, per poi assumere aria serissima e impassibile di fronte alla professoressa che non capiva perché mai la composta signorina Ales si agitasse all'improvviso nel suo primo banco.
Ci raccontava spesso mia madre di quegli occhi vivi e intelligenti, di quanto fosse bravo in matematica, aggiungendo, con sottile compiacimento, che nei temi però era più brava lei: ogni tanto, infatti, lo aiutava al punto che una volta la solita professoressa aveva mormorato: “Puglisi, Puglisi, mi pare che qui c'è lo zampino di Ales”.
Passarono due anni.
All'inizio del nuovo anno scolastico, però, il secondo banco restò vuoto: Dov'è Puglisi? Mah... Dice che è entrato in seminario. Si vuole fare parrino. C'era rimasta male mia madre. In fondo le sarebbe mancato quel ragazzino sempre sorridente, con le orecchie grandi e le mani immense. Lo ritrovò, trent'anni dopo, e fu ben lieta di affidargli le sue figlie nei ritiri spirituali che teneva in giro per la Sicilia. 
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Ricordo ancora la reazione incredula e straziata di mia madre, durante il telegiornale: Lo sapevo che era un santo, ma non pensavo che avrebbe avuto il coraggio del martirio. Come Gesù Cristo...
Da quel giorno padre Puglisi fu ufficialmente santo a casa mia. Mia madre incominciò a pregarlo come già faceva con papa Giovanni, che in effetti a quel tempo non era santo neanche lui, e sistemò una sua fotografia nel suo altarino personale, in camera da letto, accanto a quella di suo padre, dei suoi fratelli defunti e, appunto, all'immaginetta di papa Roncalli.
Adesso, che faccio l'insegnante di lettere, e proprio nella scuola media dove anche padre Pino fu professore di religione per qualche tempo, mi ritrovo spesso a parlare di padre Puglisi, a far vivere la sua testimonianza, il suo messaggio di legalità, di giustizia, di attenzione agli ultimi.
Non poteva dunque lasciarmi indifferente il gran fermento vissuto in questi giorni dalle parrocchie palermitane, impegnate ad accogliere proprio una reliquia di padre Pino Puglisi: si tratta di un frammento di una costola, quella più vicina al cuore, parte della quale è stata anche inviata a papa Francesco. Le scolaresche ricevono inviti a partecipare a questo evento/celebrazione, in cui si prende spunto dal passaggio della reliquia, custodita in una teca d'argento cesellato, per fare memoria della figura di Don Pino, il piccolo parroco che fece paura ai boss della sua Brancaccio.
Ora, da insegnante – e da cattolica – che ha portato con sé i propri ragazzi, molti dei quali musulmani, indù o non credenti, non posso fare a meno di domandarmi quale sia la funzione, per la Chiesa del terzo millennio, della venerazione di una reliquia. A cosa serve insomma una reliquia? A ricordare che il beato è vissuto davvero e che la sua testimonianza è autentica? Se è questo il motivo, non bastava forse la testimonianza di quanti lo hanno conosciuto e ne diffondono a tutt'oggi le parole e i gesti? Se si voleva un qualcosa di tangibile, non sarebbe bastato, per esempio, il testo della Bibbia che è stato sepolto con lui nella sua stessa bara, a dire l'amore immenso che padre Pino nutriva per le Scritture?
Era veramente necessario asportare quel frammento osseo, esporlo in una solenne urna d'argento e farlo girare per vie e parrocchie, in cortei guidati dalle confraternite?
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Vigiliamo, allora, con rispetto ma con intransigenza, perché la reliquia, quale che sia, possa essere solo e soltanto un volano, un dito puntato verso il cielo, che ci spinga a indagare, per esempio, come e perché quel piccolo parrino faceva tanta paura ai boss del suo quartiere. Cosa faceva concretamente, oltre a 'togliere i ragazzi dalla strada' come fanno migliaia di preti in tutte le periferie del mondo?
Su Internet, per fortuna, si trovano anche reliquie vere, e non solo le patacche di ebay. Una per tutti, la voce viva di padre Pino che ci ricorda, con forza, che, se ognuno fa qualcosa... allora si può fare molto.
Solo così la testimonianza di padre Puglisi non sarà mai minimamente appannata.


Guarda il video con la voce di don Pino Puglisi che pronuncia la celebre frase 
“Se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto”.