martedì 4 marzo 2014

Sull'uccisione di padre Lazzaro Longobardi - "Pastore con il sangue delle sue pecore" di Giorgio Bernardelli




Pastore con il sangue delle sue pecore
di Giorgio Bernardelli
 
Sull'uccisione di padre Lazzaro Longobardi a Sibari: stare con i poveri non è retorica, ma disponibilità a dare la vita




Rischia di passare via tra le notizie di cronaca la morte di padre Lazzaro Longobardi, il sacerdote di Sibari trovato ucciso ieri mattina nella sua parrocchia. Ma sarebbe un vero peccato. Perché - da quello che sento raccontare di lui - la morte di padre Lazzaro ha tutte le caratteristiche del martirio. Non tanto per le circostanze violente in cui è avvenuta, ma soprattutto per la testimonianza che lascia dietro di sé.
«Ha dato la vita per quei poveri per i quali si era sempre speso con tutte le sue energie», ha detto di lui il suo vescovo Nunzio Galantino, riassumendo l'eco anche di tante altre voci raccolte in paese in queste ore. Perché padre Lazzaro è morto per quella fiducia incondizionata negli ultimi, che lo ha portato anche in questi giorni a non sporgere una formale denuncia, ma solo una segnalazione alle forze di sicurezza, per le persone che con sempre più insistenza pare gli chiedessero denaro.
Credo che padre Lazzaro sia un martire prezioso oggi per questa nostra Chiesa italiana che - pungolata dagli inviti di Papa Francesco - discute tanto su come ripartire dalle periferie, stando in mezzo ai poveri. Non è certo il primo: sono tanti i preti italiani che sono morti così. 
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Chi sono questi nuovi martiri? La tentazione è sempre quella di considerarli delle vittime della loro eccessiva bontà e disponibilità agli altri. Ma non è così. Padre Lazzaro e tutti gli altri sono piuttosto quelli che aiutano a capire sul serio che cosa significhi l'invito di Papa Francesco a essere «pastori con l'odore delle pecore». Ci dicono che il pastore vero è quello che è disposto anche a mescolare il proprio sangue con quello delle pecore, di fronte al ladro che arriva per portarle via.
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