martedì 17 dicembre 2013

OREUNDICI - IL QUADERNO DI DICEMBRE 2013: IL PADRE - LA MIA GIOIA DI VIVERE papa Francesco ci porta l’amore del Padre di Arturo Paoli - L'EDITORIALE di Mario De Maio -


OREUNDICI

IL QUADERNO DI DICEMBRE 2013


IL PADRE



L'EDITORIALE 
di Mario De Maio

C’è stato un tempo in cui pregare era come respirare, in cui pregare era un evento della natura. La preghiera aveva la stessa forza della neve, della pioggia, del sole, della nebbia. Era come il susseguirsi delle stagioni. Era un rito collettivo che scandiva la nostra vita quotidiana. […] Sono stato educato alla preghiera come sono stato educato ad avere rispetto per gli anziani e a comportarmi bene a tavola. Sono cresciuto in un tempo in cui pregare era come mangiare, dormire, correre. Questo tempo, il tempo in cui la preghiera si dava come un evento di natura, come respirare, si è definitivamente esaurito. Noi siamo ora in un altro tempo […] Cosa significa pregare? […] Significa, come pensa una certa cultura del disincanto, alimentare un rituale superstizioso? Oppure insegnare a pregare è un modo per custodire l’evocazione di un Altro che non si può ridurre alla supponenza del nostro sapere, è un modo per preservare il non tutto per educare all’insufficienza, all’apertura al mistero, all’incontro con l’impossibile da dire?»...
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LA MIA GIOIA DI VIVERE
papa Francesco ci porta l’amore del Padre
di Arturo Paoli

Niente e nessuno è più ingannevole del tempo. Mi è venuto incontro sorprendentemente. Attribuisco questa sorpresa al non essermi mai lasciato raggiungere dalla noia, una triste compagna della vecchiaia. Riconosco che sia un dono di Dio. Il poter salutare l’alba in piedi è forse il più prezioso: il merito di non essermi mai annoiato credo che venga in gran parte dall’avere accolto il tempo nel suo nascere. Il tempo invecchia, e credo di avere scoperto il suo segreto salutandolo al suo nascere ogni giorno. Così ogni mattina lo accolgo come un dono.
...
Mi sento felice che lo Spirito di Dio ci abbia donato il papa Francesco che sente di non essere solo un lontano garante della fede verità, ma un essere umano che porta ai cristiani l’implacabile amore del Padre. La fede senza amore è morta, ed egli non vuole essere un responsabile della fede come dottrina perché si sente spinto da questa forza implacabile. Finalmente questo pontefice si mescola con il popolo in un momento particolarmente arido e disorientato, per diffondere questo implacabile amore che gli impedisce di essere un padre lontano. Ripenso spesso alla parabola del figliol prodigo, nel 15° capitolo di Luca. Questo padre che freddamente consegna il suo patrimonio ai due figli resta ferito profondamente dalla lontananza del più giovane. Non può vivere se il figlio resta lontano: l’amore esige prossimità. E solo questa prossimità renderà la sua esistenza possibile e lieta. Questo ha capito papa Francesco e ha accettato il peso della sua carica.

Gesù
per coloro che hanno perso la mente
per coloro che sono oppressi
per coloro che non sanno gridare
per coloro che non trovano altra soluzione
per coloro che scongiurano il mondo
per coloro che attendono un cenno d’amore...

(da Alda Merini)