lunedì 23 dicembre 2013

"Niente ori nella natività dei credenti" di Enzo Bianchi

Niente ori nella natività dei credenti 
di Enzo Bianchi

La riflessione del Priore di Bose: il rischio della “carità presbite”, quella carità che ama chi sta lontano e lo fa stare lontano, dimenticando il povero accanto a noi


Anche questo sarà un Natale nella crisi, aggravata dal crescere della disoccupazione. Per molti, soprattutto giovani, non c’è lavoro, per altri è diventato difficile arrivare alla fine del mese con il proprio salario. E per molti pensionati la situazione è segnata da penuria e grave povertà. Non tutti lo vedono, ma lo sanno molto bene quelle iniziative o istituzioni caritative che hanno visto aumentare le fila di quanti cercano un pasto caldo o “mendicano” pane, latte, pasta, un po’ di formaggio, qualche scatoletta di cibo...
Ma, aspetto ancor più preoccupante, in questo Natale domina la poca fiducia, la mancanza di speranza, e in alcuni cova una rabbia che a volte sembra pronta a esplodere nella violenza e nella voglia di dare una lezione a quanti sono ritenuti responsabili della situazione, nella rivalsa verso quelli che continuano a non patire la crisi, mostrando uno stile di vita lussuoso e arrogante. Certo, si mangerà il panettone, perché anche questo è distribuito e donato ai poveri, ma in molti cuori non ci sarà quella gioia che noi tutti immaginiamo collegata con questa festa, e addirittura per alcuni questa festa aggraverà la fatica e la sofferenza, come a volte accade quando i sofferenti vedono la gioia degli altri.
Essere consapevoli di questa “realtà” dovrebbe renderci particolarmente responsabili – soprattutto se non siamo feriti in modo grave dalla crisi – verso quanti sono nel bisogno. Non è necessario assumere grandi iniziative: basta che, usciti di casa, ci fermiamo a guardare negli occhi, volto contro volto, quelli che soffrono; basta che, conoscendo quella particolare famiglia nel bisogno, andiamo a trovarla rendendola prossima: allora il nostro cuore, le nostre viscere di compassione, ci detteranno il comportamento, ci ispireranno cosa condividere, cosa gratuitamente donare. Noi uomini e donne non siamo cattivi: siamo distratti, siamo in fuga, abbiamo fretta e non abbiamo tempo di fermarci. Ma se avessimo la forza di fare questo, cioè di incontrare e guardare negli occhi chi è nel bisogno, sapremmo cosa fare e avremmo il coraggio, la spinta per farlo. Conosceremmo, soprattutto a Natale, la festa dello scambio dei doni, scopriremmo che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, e il nostro dono gratuito innescherebbe una dinamica feconda in virtù della quale chi ha ricevuto dona a sua volta.
D’altronde il presepio che troviamo qua e là nelle piazze o nelle chiese, o quello che noi stessi costruiamo nelle nostre case, che cosa ci narra?
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