mercoledì 9 ottobre 2013

"Un papa pericoloso" di Giuseppe Savagnone

Un papa pericoloso 
di 
Giuseppe Savagnone

Papa Francesco fa sul serio. All’inizio molti lo avevano considerato un simpatico sprovveduto, un ingenuo gaucho piovuto in Vaticano dalle pampas argentine con una mentalità e uno stile un po’ troppo immediati, che avrebbero dovuto, col tempo, adattarsi progressivamente alle logiche inesorabili dell’istituzione. E invece si sta cominciando a capire che i sorrisi, i gesti di umanità, le scelte niente affatto convenzionali di questo pontefice, non sono folklore religioso, ma veicolano una precisa strategia pastorale, il cui obiettivo è – nientemeno - di cambiare la Chiesa.
A scanso di equivoci, nessuno può dubitare della piena conformità di Francesco alla tradizione dottrinale, morale e spirituale del cattolicesimo. È il modo di tradurla in comportamenti e parole che risulta nuovo, sorprendente, per alcuni (i più) affascinante, per altri inquietante. Questo papa coniuga il realismo e l’elasticità dei grandi missionari del suo ordine - capaci, nel Seicento e nel Settecento, di calare il Vangelo nelle forme culturali dei popoli dell’Oriente e dell’America latina (e oggetto, perciò di aspre critiche e di condanne da parte degli altri cristiani) - e lo spirito di povertà e di semplicità del santo di cui ha voluto portare il nome, che rimane nella nostra tradizione quello forse più vicino al modello di Cristo. Da qui una strana, efficace sintesi, di sapore evangelico: Francesco è prudente come un serpente e semplice come una colomba (cfr. Mt 10,16).
Da qui una straordinaria apertura mentale che, senza minimamente indebolire i princìpi, li declina però in sintonia con le esigenze della nostra cultura e della nostra società, rendendoli immensamente più comprensibili e accettabili di quanto non fossero nelle rigide formulazioni finora in uso. Da qui anche la capacità di compiere gesti simbolici di grande forza evangelica, in sintonia con la sensibilità della gente, che è in grado di capirli e di apprezzarli. Per esempio quelli relativi alla povertà. Sia le scarpe rosse di Benedetto che quelle di Francesco, ordinarie e perfino un po’ scalcagnate, sono simboli: le prime lo erano dello Spirito santo che muove i passi del pontefice, le seconde della condivisione della vita delle persone comuni, soprattutto dei poveri. Ma nessuno capiva il simbolismo delle prime, mentre tutti hanno percepito quello delle seconde.
Alcuni – e non sono pochi – masticano amaro e definiscono tutto questo “populismo”. Ma Francesco è soltanto un papa che ha capito che era urgente ridare alla Chiesa come istituzione un volto che assomigliasse di più a quello di Gesù. O era populista anche Gesù?...

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