sabato 26 ottobre 2013

"Un cuore che ascolta - lev shomea' " - n. 44 di Santino Coppolino

"Un cuore che ascolta - lev shomea' " - n. 44 di Santino Coppolino
Rubrica
'Un cuore che ascolta - lev shomea'
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)

Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica
di Santino Coppolino



Vangelo:  Lc 18,9-14




Il senso di questa sconcertante parabola, che ci lascia sempre increduli e senza parole, è che il Signore non è attratto dai meriti o dalle virtù ma dalla debolezza, dalla fragilità, dalle necessità, dai bisogni di chi sceglie di edificare su di Lui la sua esistenza.
Ritenersi giusto e irreprensibile, modello di virtù e santità davanti a Dio e agli uomini, non avvicina bensì allontana da Dio e dai fratelli, perché conduce a credere di essere superiori agli altri, ad arrogarsi il diritto a disprezzare coloro che il sentire comune ritiene essere persone immonde, dei "paria" intoccabili e insalvabili da evitare come la peste, come lo erano pastori, prostitute e pubblicani, categorie di peccatori ritenute causa diretta del ritardato avvento del Regno di Dio e con le quali invece Gesù si accompagna. 
Egli, attraverso questa parabola, ci afferma ancora una volta che non esistono persone o categorie escluse dalla misericordia e dall'amore del Padre, e che "Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare verso tutti misericordia" (Rm 11,32).
Peccatore è il pubblicano, che approfitta del suo potere per depredare il suo popolo ed arricchirsi ingiustamente, cosciente però di non potersi presentare davanti a Dio, tanto che "fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi".
Ma peccatore è soprattutto il fariseo, il più perfetto fra tutti i credenti, che vive della e per la Legge di Dio, che mette in pratica ogni giorno le 613 mitzvot, i precetti che i padri hanno estrapolato dalla Toràh di Mosè, stando meticolosamente  attento a non infrangerne nemmeno uno. "Che digiuna due volte la settimana", quando la Toràh comanda il digiuno solo una volta all'anno, nel Giorno dell'Espiazione (Yom Kippur), "che paga le decime di tutto quello che possiede" (lett. "acquista"), quando la decima si  paga solo su ciò che viene venduto: ma dove lo trova il Signore uno più perfetto di lui ? Il Vangelo ci dice che "il fariseo stando in piedi, pregava così tra sé" .
La traduzione non ci permette di coglierne il senso pieno, perché bisognerebbe tradurre: "pregava così di fronte a sé"(pros eautòn): il fariseo non sta pregando il Signore ma si compiace di se stesso, sciorina davanti a Dio tutto il suo armamentario di buone azioni ma la sua adorazione non è rivolta a Dio e la sua preghiera è centrata solo sulla sua persona.  Accusa gli altri di essere ladri, ma Gesù stesso ha accusato i farisei, nonostante le belle  apparenze,"di essere pieni di rapina e incapaci di controllarsi"(Mt 23,25); li accusa di essere ingiusti e adulteri, di non praticare la Giustizia (la Toràh) perché idolatri (l'adulterio è l'immagine con la quale i profeti si riferivano all'idolatria), ma il vero idolatra anzi, ego-latra è proprio lui perché ha fatto del suo Io una divinità da pregare e adorare. Per questo tornerà a casa sua non giustificato, fino a quando prenderà coscienza di essere anch'egli bisognoso della misericordia di Dio, capace di vedere nell'altro non un peccatore da giudicare ma un fratello da amare.