venerdì 25 ottobre 2013

Riflessioni dopo le stragi di Lampedusa...

Due bare distese una accanto all’altra. Una grande e scura, l’altra più piccola e bianca, e un numero inciso sopra: 369.
A piazza Montecitorio la comunità eritrea ha scelto così di ricordare al governo italiano la strage di Lampedusa. In una manifestazione nata per contestare la gestione dei funerali della strage del 3 ottobre scorso, ma anche per chiedere un impegno serio all’Italia sul fronte dell’immigrazione: dalla revisione della legge Bossi-Fini alla definizione di una legge sull’asilo. «I profughi: vittime di una società barbara e innocente», si legge nello striscione che hanno affisso sotto la piazza del Parlamento. E ancora: «Mediterraneo mare di morte, Eritrea paese di morte», «Abbasso i mercanti di morte», recitano gli altri cartelli. Mentre tutti i partecipanti indossano una maglietta nera con su scritto «l’unico responsabile della tragedia di Lampedusa è il regime di Afwerky»...

.... Quest’isola di seimila anime ha ospitato nel Centro di accoglienza per i clandestini migliaia di migranti – uomini, donne e bambini. Ai diecimila del Centro ora si sono aggiunti i naufraghi. E i lampedusani li ospitano, è nel loro Dna: chi bussa alla porta, affamato, riceve cibo; chi, inzuppato dalla pioggia, chiede riparo o una coperta, li riceve. Dai primi di ottobre, sono iniziati ad arrivare numerosi anche i morti: cadaveri da navi affondate galleggiano sul mare e arrivano sulle spiagge; i pescatori li tirano fuori dall’acqua. E salvano coloro che altrimenti annegherebbero. 
Nel far questo, i pescatori di Lampedusa potrebbero commettere un reato, e non sanno come e quale. Possono portarli a casa loro e tenerli lì fino a quando non si sono ripresi? O hanno il dovere di notificare la loro presenza immediatamente? E che succede se il clandestino li implora di non dire nulla alle autorità? Che succede se il clandestino scappa? Devono informare le autorità che è fuggito? O devono immediatamente andare a caccia di lui? Quando avviene che il samaritano è considerato dallo Stato colpevole di un reato?
L’Europa ha chiuso le frontiere, non vuole i migranti africani. Vivi o morti, sono diventati nemici. Ogni Paese della Ue ha le proprie leggi che bloccano il migrante in Centri di accoglienza, dai quali poi è trasferito ad altri campi, i Cara (Centri di Accoglienza Richiedenti Asilo), e infine i Cie (Centri di Identificazione ed Espulsione), in attesa di rimpatrio. L’Italia è andata oltre.
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Noi, cittadini italiani, dobbiamo confrontarci con il protezionismo miope della Ue, con le normative e i regolamenti iniqui del nostro Parlamento; non dobbiamo dimenticare che siamo una nazione di emigranti in Europa e negli altri continenti. 
Non sono fiera di essere europea e non posso essere fiera di essere italiana. Sono fiera di essere conterranea della signora di Lampedusa che trent’anni fa mi disse «voi, come la gente che viene dal mare, siete ospiti nostri», e del dottor Bartalo, medico condotto di Lampedusa, che nonostante una ischemia, ha continuato a lavorare giorno e notte per i suoi pazienti. E sono fiera dei tanti siciliani che – da sindaci, da amministratori, da impiegati e da civili - si danno da fare in silenzio per accogliere i migranti nella comunità. 

Lampedusa: i giorni della tragedia


"Ora che tutti avete visto quelle bare speriamo che davvero qualcosa cambi. Non deludeteci", così il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini rivolgendosi all'Unione Europea all'Europarlamento a Bruxelles.
Dopo l’incontro con Schulz, nel giorno in cui a Bruxelles si riuniscono i leader dei Ventotto, la Nicolini dice: «Mi aspetto che cambi la politica di asilo, non può più essere consentito che venga chiesto a nuoto, è vergognoso di fronte al mondo». Il sindaco di Lampedusa Nicolini aggiunge: «Una politica che non permette di chiedere asilo prima di salire su quei barconi - ha proseguito - è ingiusta, anche per noi. Ci condannano a un destino di frontiera». Il primo cittadino di Lampedusa ha invocato a più riprese la necessità di cambiare la politica dell’asilo, a partire dal regolamento di Dublino, di dare la possibilità a chi fugge dalle guerre e dalle dittature di non morire attraversando il Mediterraneo, altrimenti «è l’Europa che naufraga con loro». «Le risposte non sono Frontex o Mare Nostrum - ha evidenziato -. Queste operazioni limitano i naufragi ma non li evitano. Occorre cambiare il sistema di richiesta di asilo». Schulz si è impegnato ad affrontare l’emergenza dell’isola siciliana insieme ai leader europei: «Solleverò stasera (giovedì, ndr) di fronte ai leader dei Ventotto il caso di Lampedusa, chiedendo risposte e di intensificare il sostegno» a Lampedusa. 

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È arrivata l’ora di una politica migratoria davvero europea: solidale, pragmatica e strategica». Così Martin Schulz, il presidente (socialdemocratico) del Parlamento europeo in un’intervista esclusiva con “l’Espresso” nella quale mette a nudo le falle del sistema di richiesta d’asilo, il regolamento di Dublino e la mancanza di veri meccanismi che fronteggino i flussi migratori. «L’Europa è un continente d’immigrazione», insiste Schulz, «e mettere la testa sotto la sabbia non l’aiuterà di certo a superare l’emergenza».