Caro Papa Francesco,
come non provare sentimenti di amicizia e di fraternità nei suoi confronti e non solidarizzare con i segnali che viene lanciando attraverso l'infittirsi di relazioni con persone più o meno note della società italiana? Non intendo accrescere il numero dei corrispondenti che incomincia, forse, a farsi molesto; ma sono indotta a interpellarla dopo la notizia del suo intento di pronunciarsi sullo spazio da assegnare alle donne nella Chiesa.
Presumo sia anche per lei un dato di realtà che non i disegni di Dio, bensì i ruoli gerarchicamente diversi che uomini e donne hanno storicamente assunto comportano differenze che non vanno sottovalutate, soprattutto se si ricercano nuovi equilibri.
Essendo anche lei un uomo come gli altri, sa bene che difficilmente agli uomini capita di dire parole adeguate quando parlano con noi, soprattutto se pensano di parlare "per" noi. Anche la Chiesa ci conosce solo attraverso una convenzione che non corrisponde alla nostra ermeneutica, di credenti e di non credenti: senza una donna non ci sarebbe stata nascita, senza un'altra donna non ci sarebbe stato annuncio (sarebbero mai arrivati al sepolcro vuoto gli apostoli senza Maria di Magdala?).
Come "genere" siamo meno sensibili alle ambizioni di potere che sono incoerenti, almeno nella Chiesa, anche per un uomo. Tuttavia non siamo così stolte da non esser state sempre consapevoli che, anche se in dottrina non si ritrovano giustificazioni alla discriminazione, la Chiesa è rimasta maschile fin da quando la tradizione dei primi secoli ha trasmesso gli scritti dei "padri" della Chiesa e non delle madri, menzionate solo in quanto viri dimidiati...
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