giovedì 19 settembre 2013

"L'«altro» non è una minaccia ma ricchezza e dono" di mons. Bruno Forte

L'«altro» non è una minaccia ma ricchezza e dono
di mons. Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti Vasto

La lettera a chi non crede, scritta da Papa Francesco in risposta alle domande di Eugenio Scalfari, ha suscitato moltissime reazioni, per lo più di stupore e apprezzamento. Un aspetto del dialogo, tuttavia, quello che a me pare in assoluto il più intrigante per tutti, non mi sembra sia stato evidenziato dai più. Si tratta del carattere del tutto "post-moderno" di questo intreccio dialogico. Esso è tutt'altro che un ennesimo processo illuministico alla pretesa della fede. Dio non è stato chiamato a difendersi di fronte agli interrogativi e alle sfide della ragione, com'era nella classica "teodicea" - o giustificazione del divino - di moda dagli albori del Secolo dei Lumi in poi, alla scuola di Leibnitz. Non si è trattato neanche, da parte di Francesco, della classica difesa apologetica della fede, tradizionalmente impegnata sul triplice fronte della causa di Dio, della rivelazione cristiana e della Chiesa. Le visioni dell'uomo, del divino e dell'altro, entrate in gioco, sono del tutto "post-moderne", in certo modo "post-illuministe" e "post-apologetiche", tanto da parte del non credente, quanto da parte del Vescovo di Roma. 
Vediamo perché...
L'altro non è minaccia, ma ricchezza, non pericolo, ma possibile modello e dono. Gesù, ebreo di nascita e per sempre, non potrà non essere contento di questa parola di verità e d'amore del Successore di Pietro. Gli odi, fomentati dall'ideologia moderna, sono tragiche memorie del passato. "È venuto ormai il tempo - scrive Francesco -, e il Vaticano II ne ha inaugurato la stagione, di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro" con l'altro, con ogni altro.