sabato 7 settembre 2013

Da tutto il mondo adesioni all'appello di Papa Francesco per un giorno di digiuno e preghiera per la pace / 7

Oggi è il giorno del silenzio. E del grido di pace. Quel grido di pace che il Papa spera si alzi da tutto il mondo. Senza manifestazioni eclatanti, senza roboanti iniziative. Un grido nel silenzio, un grido che si fa innanzitutto preghiera, perché la pace è un dono di Dio.
Un giorno di digiuno, dunque di sacrificio e di distacco, perché la pace dipende anche dal cuore di ciascuno, dal cambiamento di ciascuno, dall'impegno di ciascuno. È per questo che annunciando la giornata di preghiera per la Siria e la veglia in piazza San Pietro, Francesco ha sottolineato che l'invito a costruire la pace è rivolto non soltanto ai cattolici o ai cristiani, non soltanto ai credenti delle altre religioni, ma anche a chi non crede...

«Il primo digiuno è quello di non mangiare gli altri». Un grande teologo e biblista come il padre gesuita Silvano Fausti arriva subito all'essenziale. Milioni di persone si preparano ad aderire oggi alla giornata planetaria di «preghiera e digiuno» per la pace «in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero» che dalle 19 alle 23 avrà al centro la veglia in San Pietro e la meditazione del Papa.Bergoglio si è rivolto anche ai cristiani non cattolici, ai fedeli di altre religioni e ai non credenti, fioccano le adesioni da tutto il mondo perché «la pace è un bene che supera ogni barriera, un bene di tutta l'umanità» come ripeteva ieri il Pontefice attraverso il profilo Twitter @Pontifex: «Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà!». Ai responsabili di Sant'Egidio ieri ha confidato: «Non è una mia idea, me l'ha ispirata il Signore nella preghiera».
Non si tratta semplicemente di non mangiare né può esistere una casistica delle cose da fare. «Il digiuno è sempre simbolico, è una purificazione - spiega padre Fausti - i nostri cinque sensi ingurgitano tutto, si tratta di digerire e creare uno spazio di interiorità, di trovare in sé la propria libertà interiore, di non divorare ma entrare in una relazione corretta e libera con le cose e con gli altri: ciascuno decide in coscienza ciò da cui astenersi, le cose che lo rendono schiavo o con le quali rende schiavi gli altri...»...


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