venerdì 12 luglio 2013

Il Papa a Lampedusa - LAMPEDUSA di Raniero La Valle


LAMPEDUSA
di Raniero La Valle


Non era affatto facile andare a Lampedusa. L’aveva detto qualche giorno prima papa Francesco in un’omelia a Santa Marta, parlando dei modi per raggiungere Dio: non serve un corso di aggiornamento, aveva detto, “per toccare il Dio vivo bisogna uscire per la strada, andando a cercare, a trovare, ad accostarsi alle piaghe di chi è povero, debole, emarginato. Una cosa non semplice, né naturale”.
No, non era semplice, né naturale, come primo viaggio fuori diocesi prendere la strada del mare, solcare con i pescatori quelle acque divenute tomba dei poveri, spargervi i fiori della pietà, sbarcare al molo Favarolo, incontrare quei migranti, quei superstiti che per molti non dovrebbero nemmeno esistere: per le leggi dello Stato italiano, gestite da quel ministro degli interni che voleva andare a pavoneggiarsi a Lampedusa accanto al papa, si tratta di “clandestini”, contro cui è in corso “una lotta”, per gestire la quale è stata creata apposta una “direzione centrale dell’immigrazione e della polizia di frontiera”; si tratta di gente che viene ad arenarsi sul bagnasciuga di quell’ultimo lembo di terra su cui l’Europa è attestata per difendere il suo privilegio, si tratta di profughi, del popolo delle barche, di disperati che fuggono i tormenti dei loro Paesi, che si affidano al ricatto dei battellieri, che si aggrappano a un gommone, e che se sopravvivono sono salvati per essere tradotti in quei campi di detenzione che prima abbiamo chiamato “centri di permanenza temporanea” e poi, con la chiarezza tipica del linguaggio della Lega, “centri di identificazione e di espulsione”: i respingimenti, altro che andare a baciare le piaghe del povero.
Perciò ha fatto bene il papa a non volere né governo, né ammiragli, né altre autorità a far da corona alla sua trasferta; non solo perché i viaggi papali devono tornare ad essere visite pastorali di un vescovo, e non visite di Stato e vetrine di potenti, ma anche perché noi e il nostro Stato non siamo innocenti di quelle vittime e di quelle piaghe.
Ma che sta facendo il papa? Sta cambiando il papato e di conseguenza, data l’invasività di questa istituzione, sta cambiando la Chiesa, prima ancora di metter mano alla sua riforma. E lo fa rendendo visibile il Vangelo; questa è la sua specificità o, se si vuole, il suo carisma; altri predicano il Vangelo, ne fanno l’esegesi; quello che fa Francesco è che il Vangelo ce lo fa vedere. Ce lo fa vedere a Roma, ce lo fa vedere a Lampedusa...

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