Dove nasce la speranza
di
Raniero La Valle
Mi scrive un lettore che a volte i miei articoli, per troppa verità, fanno soffrire; quando analizzano le cose che non vanno, le ingiustizie, le distrette in cui tanti si trovano, suscitano disappunto e indignazione: come sarebbe bello, invece, poter sognare e sperare!
La stessa richiesta di ricercare motivi di speranza, echeggia in molte assemblee dedicate al ricordo del Concilio; la ricorrenza del cinquantesimo anniversario dall’inizio del Vaticano II ha fatto breccia, e sempre più numerose sono le riunioni in cui si fa memoria e si fa un bilancio di quell’evento. E anche in queste occasioni, quando sono evocate tante attese suscitate dal Concilio e andate perdute, o quando si lamenta la mancata riforma della Chiesa nella sua dimensione istituzionale e visibile, si fa pressante la domanda di come si possa tornare a sperare.
Naturalmente per fare spazio alla speranza sarebbe sbagliato fare uno sconto sul rigore dell’analisi; non è una buona ricetta quella di Pangloss e di Candide, di credere che in fin dei conti le cose non vanno male, anzi siamo nel migliore dei mondi possibili. Al contrario, capire dove siamo, mettersi faccia a faccia col male, mostrare i pericoli delle politiche adottate e delle strade intraprese è la premessa perché possa sorgere una speranza adulta, sia nella società civile che nella Chiesa.
Ma, stabilito e compreso dove siamo, due, io credo, sono le condizioni della speranza...
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