mercoledì 21 novembre 2012

In morte di un cristiano di Gaza - "Fermiamo la guerra a Gaza" Appello della Tavola della Pace

Primo lutto nella parrocchia della Sacra Famiglia: Saalem, un uomo che soffriva di cuore non ha retto alla tensione. Simbolo dei drammi più nascosti che ogni guerra porta con sé.

Diversi segnali dicono che la tregua è più vicina, ma ci sono ancora morti e feriti questa mattina a Gaza e anche in Israele. E ieri ci sono stati anche due morti in Cisgiordania nelle manifestazioni. Staremo a vedere. Non è di questo, però, che all'inizio di questa giornata mi preme parlare, ma dell'ultima notizia arrivata ieri sera dalla parrocchia latina della Sacra Famiglia a Gaza. L'ha comunicata padre Jorge al telefono ad Andres Bergamini, del patriarcato di Gerusalemme ed è il primo lutto della comunità: «Un parrocchiano, fratello di una nostra cara amica, che soffriva di cuore - scrive Andres nel suo blog - non ce l’ha fatta a resistere alla tensione dei continui bombardamenti israeliani. Domani (oggi ndr) ci sarà la preghiera per lui nella chiesa ortodossa di San Porfirio».
È il primo morto della comunità cattolica di Gaza. Ma - ancora di più - è il simbolo di tutte le morti nascoste di questo interminabile conflitto, quelle che non troveranno mai spazio nelle statistiche ufficiali. Quelle che non vedremo mai apparire nelle foto truculente sulle nostre bacheche su Facebook, perché senza sangue non servono alla causa. Ma anche quelle che con maggiore precisione danno la misura di quanto sta succedendo a Gaza. Sono le sofferenze dei più deboli, i più indifesi nel cuore di un conflitto. Quelli per nascondere i quali non c'è bisogno neppure della retorica sugli attacchi mirati: stanno ai margini anche nei momenti più drammatici. Sono sicuro che questo fratello nella fede non finirà neppure nelle liste degli appelli per i cristiani perseguitati. E ci sarebbe da discutere parecchio sul perché...

Fermiamo la guerra a Gaza

L'Italia e l'Europa hanno il dovere di fermare la guerra a Gaza. Lo possono e lo debbono fare agendo con intelligenza e determinazione nell'interesse superiore dei diritti umani, della sicurezza internazionale, della giustizia e della pace. L'Italia, che vanta ottime relazioni sia con Israele che con i palestinesi, può fare molto. Ma deve cambiare: smettere di essere di parte, assumere un ruolo attivo, propositivo e progettuale. Nel Mediterraneo, in Europa e all'Onu. L'Italia deve essere consapevole dei suoi limiti ma anche delle sue risorse, della sua prossimità e delle sue responsabilità...

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