mercoledì 24 ottobre 2012

Porta a scuola i tuoi sogni - Lo spot, la scuola che c'è e... quella che non c'è!!!


Porta a scuola i tuoi sogni


"Abbiamo visto il prodotto finito e ci è piaciuto. Non sapevamo dove lo avrebbero girato, abbiamo affidato il tutto a un curatore esterno che ha scelto la scuola". Rispondono così dal ministero dell'Istruzione, il Miur, alle polemiche che si sono scatenate in rete dopo la pubblicazione dello spot sulla scuola girato nella scuola tedesca di Milano, come anticipato da Repubblica.it. "La scuola statale in ogni caso comprende la scuola pubblica e la privata parificata - aggiungono da viale Trastevere - E quella tedesca rientra nella scuola italiana. Si tratta di polemiche prive di fondamento".
Una retta da 5.400 euro. Il video è stato pubblicato l'11 ottobre sul sito del Miur. Uno spot in cui per un minuto la voce fuori campo del cantautore Roberto Vecchioni spiega il valore dell'istituzione della "nostra scuola". Compaiono classi spaziose con poco più di quindici studenti in tutto, file di banchi disposti su gradinate in stile universitario. E poi biblioteche per studiare nel pomeriggio, tablet estratti dagli zaini come se fossero quaderni, campi di pallacanestro nel verde. Ma il tutto è stato è stato girato nella Deutsche Schule Mailand, la scuola tedesca di Milano in cui i mille studenti iscritti, dalle materne alle superiori, pagano circa 5.400 euro all'anno di retta per poter frequentare l'istituto. Una scelta che ha scatenato le ire del popolo del web, che giudica la mossa "scandalosa", "ipocrita", "quantomeno inopportuna".



Gentile Ministro Profumo, 
sono un insegnante di Matematica e Fisica di un Liceo del profondo Sud . Uno dei tanti. Questa mattina mi sono svegliato e, da bravo matematico, mi è venuta la travolgente voglia di fare due calcoli (la mia, purtroppo, è una mania irrefrenabile). Ho pensato che forse questa mia digressione algebrica avrebbe potuto esserle d'aiuto nel momento in cui dovrà giustificare, in un giorno spero non troppo lontano, la sua proposta circa l'aumento delle ore di lezione frontale dei docenti, da 18 a 24.
Come tutti ben sanno, i docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado (medie e superiori) sono una categoria super privilegiata: hanno tantissimi giorni di ferie e, quelle poche volte che lavorano, lo fanno solo per 18 ore settimanali.
A questo punto entra in gioco la mia indole freddamente calcolatrice.
Dunque ho cercato di capire se faccio qualche altra cosa per la mia scuola e per i miei studenti, aldilà di queste 18 misere ore. Ecco cosa, con mio grandissimo stupore, ho scoperto.

Centinaia di professori hanno organizzato il 21 ottobre a Roma un flash mob di protesta davanti al ministero dell'Istruzione contro l'aumento a 24 ore dell'orario previsto dalla legge di stabilità. Senza simboli politici o di sindacati i docenti si sono radunati sulla scalinata del ministero con cartelli che spiegano come le ore di lezione sono solo una parte del lavoro svolto. Non sono mancate le «carote di protesta» a ricordare la manifestazione degli studenti.
La protesta è continuata per circa mezz'ora senza alcuno slogan politico né bandiere di sindacati. L'iniziativa, hanno spiegato alcuni docenti è stata convocata in maniera spontanea per «sensibilizzare tutti sulla difficoltà del nostro lavoro, che non è fatto solo di ore in classe, ma di tante attività che si devono svolgere a casa durante tutta la settimana, sabato e domenica compresi».
MANIFESTAZIONE ANCHE DOMENICA 28 OTTOBRE. 

Quello a cui stiamo assistendo in queste ore a proposito dell’ipotizzato aumento dell’orario di insegnamento settimanale dei docenti di medie e superiori è l’ennesimo, stucchevole teatrino politico. Un gioco delle parti, in cui i diversi attori recitano il proprio ruolo e in cui a essere penalizzati saranno, come sempre, i soggetti più deboli, cioè i lavoratori.
La proposta, prevista nella bozza della cosiddetta “legge di stabilità”, di innalzare da 18 a 24 il numero delle ore settimanali di docenza per i professori della scuola secondaria (inferiore e superiore) ha destato, com’era prevedibile, reazioni negative e proteste accese. Non solo presso gli operatori della scuola, ma anche tra le stesse forze politiche che sostengono il governo.
I principali due partiti di maggioranza hanno espresso contrarietà a questa norma. Prima il Pd e poi il Pdl hanno sostenuto le ragioni degli insegnanti. D’altra parte si sa che si tratta di una categoria professionale numericamente non irrilevante e dunque, in termini di consenso elettorale (anche in vista delle prossime consultazioni), è bene tenersela buona.
Nessuno sapeva nulla?
Questa, insomma, è l’impressione generale. E viene da chiedersi se è davvero possibile che il “governo tecnico” sia così tecnico da ipotizzare provvedimenti tanto impopolari senza alcuna consultazione previa con le forze politiche che gli garantiscono la maggioranza parlamentare. Ma la cosa ancora più fastidiosa è il sospetto che si sia voluto puntare in alto, le 24 ore settimanali, sapendo già in partenza che si sarebbe ottenuto qualcosa di meno: le 21 ore di cui ora si parla.
Se ciò accadrà, i partiti si potranno vantare di avere scongiurato un aumento eccessivo del carico di lavoro dei docenti, i quali dovranno pure ringraziarli che l’aumento degli impegni didattici sarà “soltanto” di 3 ore a settimana (anziché le 6 inizialmente previste). Gli insegnanti dovranno essere grati che, a parità di stipendio (e gli stipendi dei docenti italiani sono tra i più bassi nell’area dei Paesi economicamente avanzati), insegneranno 3 ore in più a settimana.
Il che significa, in termini pratici, avere una classe in più. In tal modo l’incremento del carico di lavoro non sarà di sole 3 ore: a queste andranno aggiunte tutte quelle necessarie alla preparazione delle lezioni, alla formulazione delle verifiche, alla correzione dei compiti in classe, al ricevimento dei genitori.