mercoledì 26 settembre 2012

"La saggezza del sorriso" intervista a Moni Ovadia e Enzo Bianchi

La sapienza del sorriso, questo il filo nel labirinto di Torino Spiritualità 2012
Il sorriso che insegna, accoglie, racconta e guarisce. Proviamo a orientarci con l' aiuto di Moni Ovadia ed Enzo Bianchi, il grande autore e attore ed il monaco priore di Bose. Nella quiete del monastero, interrotta solo dal rintocco di una timida campana, i primi sorrisi si disegnano proprio sui loro volti. E dicono moltissimo.

In cosa consiste, secondo voi, "la sapienza del sorriso"? 
Moni Ovadia: «All'inizio dell'avventura del monoteismo ebraico, c' è un'annunciazione che precede di 1.500 anni quella cristiana. Abramo, circonciso e centenario, è in comunicazione col divino e apprende che sua moglie Sara, novantenne e sterile, gli darà un figlio. Per tutta reazione, Abramo si scompiscia dalle risate, è ovvio che non ci crede, mentre il riso di Sara è più vergognoso ma non meno scettico. Nove mesi dopo, il Santo Benedetto si presenta per annunciare che il nascituro si chiamerà Isacco, nome che in italiano dice poco ma in ebraico è il futuro del verbo ridere. Eccolo, il figlio per quei due che tanto risero nel momento dell' annunciazione. L'identità ebraica è uno scoppio di risa, come l' aprirsi all'utopia, al cortocircuito tra senso e controsenso. Magari, la risata ebraica comincia con Caino che chiede "Sono forse io il custode di mio fratello?", dopo averlo ucciso. Ma Dio raccoglie la provocazione, dicendo "nessuno tocchi Caino"». 
Enzo Bianchi: «Noi cristiani siamo sempre sorpresi per come gli ebrei, leggendo la Bibbia, siano capaci di humour e sorriso. Il Nuovo Testamento non dice mai che Gesù rise o sorrise, eppure ricordo che Pasolini nel "Vangelo secondo Matteo" fa aprire un gran sorriso sul volto di Gesù nel momento dell' entrata in Gerusalemme, al cospetto dei bambini. Quando vidi quell'immagine fu come una rivelazione. I cristiani, a differenza degli ebrei, non sono capaci di sorridere di Dio e neppure di litigarci. Gli unici a sorriderne sono i cosiddetti "santi folli", soprattutto nella tradizione ortodossa, personaggi che oggi chiameremmo disturbati. Predicatori nudi, col fiasco in mano, capaci di sputare sulle candele per spegnerle o di abbracciare le mura dei postriboli: provocatori, dissacratori del potere. Alcuni, addirittura modelli di virtù. Meglio loro di un certo sorriso stereotipato da immaginetta, da paccottiglia religiosa». 
Il Dio della Bibbia è spesso truce e vendicatore, altro che sorrisi. Perché?
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