"Paolo ha cominciato a morire quando ha capito che quello in cui credeva si è rivoltato contro. Non permetterò che Paolo venga ucciso altre volte.
Speranza, giustizia e verità devono vivere" (Rita Borsellino nella sua pagina Fb...)
“Non c’è più speranza…” con queste parole, a Palermo il 19 luglio 1992, dopo la strage che uccideva il Giudice Paolo Borsellino e la sua scorta, il capo del “pool antimafia” Antonino Caponnetto...
Folla inferocita contro i politici
ai funerali degli agenti della scorta di Borsellino
Significativo è il pensiero e la convinzione di Salvatore Borsellino, fratello del Giudice Paolo, descrive nel corso di una intervista Rai, che lascia intravedere una chiave di lettura delle vicende di venti anni fa, ancora aperte con tanti dubbi, tanti sospetti e molte contraddizioni, che oggi sono ancora di grande attualità, e alimentano la controversa questione sulla trattativa stato-mafia. “ perché quello che è stato fatto è proprio cercare di fare passare l’assassinio di Paolo e dei quei ragazzi che sono morti in via D’Amelio come una strage di mafia...
Quello che noi invece cerchiamo in tutti i modi di far capire alla gente è che questa è una strage di stato, nient’altro che una strage di stato.
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“PRETENDIAMO TUTTA LA VERITA’ PER AVERE GIUSTIZIA”
intervento di Rita Borsellino, sorella del giudice Paolo Borsellino
Il Vile agguato. Chi ha ucciso Paolo Borsellino?
Una storia di orrore e menzogna
Intervista a Enrico Deaglio
Vent'anni fa, dal condominio di via D'Amelio esce un uomo, con la sua famiglia. Fa un gesto che all'epoca deve essere sembrato insignificante: scaccia i bambini che giocano vicino a un'utilitaria parcheggiata. È Salvatore Vitale, abita nello stesso palazzo della madre di Borsellino, sarà poi accusato di essere uno degli esecutori materiali della strage.
Vent'anni fa, nello stesso condominio di via D'Amelio, entra Paolo Borsellino: deve portare sua madre dal medico, ma non ne avrà il tempo. Rivediamo la terribile sequenza di immagini: una tranquilla strada in uno dei quartieri cresciuti come erbacce alle pendici del monte Pellegrino, su cui sta appollaiato il Castel Utveggio, sede forse dei servizi segreti e forse luogo da cui sarebbe stato azionato il telecomando della bomba. Un boato tremendo, auto scaraventate in aria, una stradina devastata.
Sulla scena accorre subito una moltitudine di persone, che rende difficile il lavoro di chi dovrebbe fare i rilievi. Così il 19 luglio del 1992 muoiono Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Uno solo si salva: è Antonino Vullo, ferito mentre parcheggiava uno dei veicoli della scorta. Così comincia un mistero che non è stato ancora chiarito.
Leggi tutto: L'assassinio di Borsellino un mistero lungo 20 anni di Roberto Saviano
Lucarelli racconta:
"Il segreto di Paolo Borsellino"
"Il segreto di Paolo Borsellino"
Il peggiore nemico che abbiamo da combattere non è tanto la mafia in sé, quando la «mafiosità», ovvero un certo modo di pensare e di organizzare la società.Ciò richiede un nuovo patto tra cittadini e istituzioni, nella consapevolezza delle proprie responsabilità, certi che un’Italia diversa è possibile, vent’anni fa come oggi. Una riflessione di Ninni Salerno, delegato regionale AC Siciliana nell’anniversario della strage di via d’Amelio.
Leggi tutto: Mafia. La lotta continuaGuarda anche i nostri precedenti post: