LA TENEREZZA DI DIO
l’uomo possiede la vita ma non sa vivere
di Arturo Paoli
La parabola del capitolo 15 di Luca mi appare la più adatta per parlare della tenerezza di Dio. Il filosofo Cacciari ha avuto un’intuizione profetica commentando la frase diventata poi di uso comune: Dio è morto. Quale Dio è morto? Si domanda il filosofo. Una risposta viene proprio dalla parabola di Luca. La relazione del padre con i due figli è una relazione di padre-padrone. Io ti ho sempre servito, non ho mai disobbedito ai tuoi ordini sono le parole del maggiore. Si presenta come il figlio buono ma la sua relazione con il padre denota lo schema servo-padrone. Il minore si sottrae a questa logica perché affettivamente insoddisfatto, egli sente che nella casa del padre c’è opulenza, sono soddisfatti i bisogni e anche il superfluo, ma non c’è l’essenziale per lui. Il suo cuore è triste perché non riceve l’amore di cui ha bisogno e questo lo spinge a fuggire di casa.
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Cari amici,
anche voi sarete stati colpiti dal numero crescente di suicidi di cui le cronache quotidiane puntualmente ci informano. Abbiamo pensato di dedicare questo numero alla tenerezza e il prossimo alla passione. La tenerezza è una dimensione estremamente raffinata dell’animo umano che esprime un lungo cammino di riconciliazione che la persona è riuscita a fare, prima di tutto con se stessa e poi con il mondo che la circonda. C’è bisogno di tanta accoglienza e di tanta tenerezza con noi stessi, con i nostri numerosi limiti, con le ferite del passato e con quelle presenti. Se il nostro atteggiamento abituale non supera uno stato d’animo di attesa continua di risarcimento, non può entrare in una dimensione di serenità e riconciliazione. Solo così potremo abbandonare toni mal disposti, talora aggressivi e colpevolizzanti verso noi stessi ma soprattutto verso le persone che fanno parte della piccola comunità cui apparteniamo.
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