venerdì 6 aprile 2012

Omelia di ENZO BIANCHI per la Liturgia della croce

Omelia di ENZO BIANCHI
per la Liturgia della croce
 Bose, 6 aprile 2012

Cari fratelli e sorelle, care sorelle di Cumiana, amici e ospiti,


abbiamo ascoltato il racconto della passione di Gesù, una passione gloriosa secondo il vangelo di Giovanni (Gv 18,1-19,37), perché in essa, a differenza di quella narrata dai sinottici, riusciamo a vedere al di là di ciò che è avvenuto mondanamente, riusciamo a vedere ciò che Dio ha operato, la sua gloria quale kavod, peso, splendore, potenza che si impone. È una gloria non analogica a quella che noi uomini immaginiamo, progettiamo o proiettiamo su Dio e su Gesù Cristo.


Nel racconto della passione secondo Giovanni – lo sappiamo bene – Gesù manifesta più ancora che nella sua vita e nelle sue azioni, più ancora che nei segni da lui operati, l’«egó eimí», l’«io sono» (Gv 18,5.6.8) proprio del Signore vivente. Sicché, quando Pilato lo flagella, Gesù appare come l’uomo per eccellenza («Ecce homo!»: Gv 19,5), l’uomo «coronato di gloria e splendore» del Salmo 8 (v. 6); quando i soldati lo disprezzano e lo deridono, appare come colui che li attira e li fa inginocchiare davanti a sé; quando sta di fronte a Pilato per essere condannato, appare come il giudice escatologico che siede sul trono del giudizio nel Litòstroto-Gabbatà (cf. Gv 19,13); quando sta in croce, appare come collocato su un trono da cui regna; quando viene scritta la sua condanna, in verità è confessato con un titolo, «Gesù il Nazareno, il re dei giudei» (Gv 19,19), che esprime la sua identità messianica autentica. ...

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