domenica 5 febbraio 2012

"La fedeltà di un pastore tedesco può insegnarci a pregare" di Silvano Fausti

Nicola Magrin, «In cammino nei villaggi vicini»
In genere la preghiera è vista un’opera buona verso Dio, per ingraziarselo, oppure addirittura è un’opera magica con cui captare l’energia di Dio. La preghiera è nulla di tutto questo. Uno può anche fare cinquanta messe al giorno e trecentocinquanta rosari, e nei tempi intermedi far tutti i “mantra” possibili, e poi yoga tutta notte, ma non è preghiera. «Ho avuto un grosso guru, racconta il biblista Silvano Fausti, era un pastore tedesco che si chiamava Lea e veniva da me e si metteva lì per ore davanti e stava lì così, contento di essere lì. Così è la preghiera lo star davanti a Dio come il mio cane stava davanti a me: contento di essere lì».
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Con la preghiera l’uomo cerca la comunione col mistero in una relazione di benevolenza e di amicizia: questa relazione struttura la stessa vita. La stessa cultura umana è fondata sulla religione, sul culto. La città è strutturata sul tempio: il “fano”. Il pro-fano è quello che sta davanti al tempio: se manca il tempio non c’è più il profano, perde senso tutta la profanità della vita. 

Marco 1, 32-35
Ora, fattasi sera, quando cadde il sole, portavano a lui tutti gli ammalati e gli indemoniati e tutta la città era riunita presso la porta. E curò molti ammalati di diverse malattie e scacciò molti demoni e non lasciava parlare i demoni perché lo conoscevano.
E di buon’ora, in notte fonda, levatosi, uscì e se ne andò in un luogo deserto e là pregava. 

Questo brano chiude la prima giornata di Gesù raccontata nel Vangelo: la prima giornata rappresenta il programma di tutta la giornata della sua vita. Allora possiamo ricavare da questa giornata tutto il programma del Vangelo... ma poi si fa sera.


Il testo è una sintesi redazionale della lectio divina tenuta nella Chiesa di San Fedele in Milano nel corso di vari anni.
L’audio originale può essere ascoltato qui.