mercoledì 11 gennaio 2012

Il lavoro che non c'è: quando manca anche la speranza...

Senza lavoro e per di più senza la speranza di poterlo trovare. La fotografia, drammatica, scattata dall’Eurostat parla chiaro: il numero di persone “senza posto di lavoro e senza speranza” cresce. Si tratta di un esercito che nell’Unione europea conta 8 milioni di persone. E, dato ancora più allarmante per lo Stivale, tra i Paesi dell’Ue all’Italia spetta il triste primato: quello del dato più alto al riguardo. 

Forse non l’abbiamo ancora notato, ma nei dati su occupazione e disoccupazione comunicati pochi giorni fa dall’Istat c’è una grossa novità. Per capirla, tuttavia, dobbiamo fare un piccolo ripasso della crisi italiana...
Iniziata nel 3˚ trimestre del 2008, la distruzione di posti di lavoro occupati da italiani è proseguita ininterrottamente per 12 trimestri, ovvero per 3 anni pieni. Ed eccoci alla novità di cui abbiamo detto all'inizio: nell'ultima indagine Istat, relativa al terzo trimestre del 2011, per la prima volta da 3 anni l’andamento tendenziale dell’occupazione degli italiani ha riconquistato il segno «più». Nel 3˚ trimestre del 2011 (ultimo dato disponibile) il numero di italiani occupati, infatti, è aumentato di 39 mila unità rispetto a un anno prima, interrompendo una serie di variazioni negative che durava dalla seconda metà del 2008.
Ma come dobbiamo leggere questo dato? Dobbiamo leggerlo come un segnale positivo, di progressiva uscita dalla crisi? 

Leggi i dati ISTAT del III trimestre 2011: Occupati e disoccupati 


Talmente disperate da abbandonare i figli negli istituti di carità o nei centri per poveri.
In Europa le storie di giovani madri che si privano del cibo e che lasciano i loro bambini negli orfanotrofi, erano considerate scene lontane, uno spaccato di Paesi afflitti da anni di dittatura e in gravi condizioni di arretratezza. Almeno fino alla vigilia della crisi economica.
Nella Grecia strozzata dai prestiti della Troika - la triade di controllori dell'Unione europea, del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea - sono sempre più coloro che, negli ultimi mesi, hanno messo i loro figli nelle mani di parroci e associazioni di volontariato come Sos children. 

«Vivere senza un lavoro, specie se si è in età avanzata ma ancora produttiva è peggio di una diagnosi di cancro: mentre questa ti conserva la dignità e gli affetti, la condizione di disoccupato, oltre a spingerti a rinunciare alla vita, ti fa perdere la dignità, gli affetti e gli amici. Da malato ti sono tutti attorno, premurosi e generosi, da disoccupato tutti ti evitano, giudicandoti un incapace degno soltanto del minimo vitale». È un testamento spirituale quello che Salvatore De Salvo, 64 anni e da 7 senza un lavoro, lascia a tutti prima di morire. Sono le ultime parole, affidate a un blog, prima di farla finita in compagnia della moglie.