martedì 29 novembre 2011

«Non possiamo tacere – Le parole e la bellezza per vincere la mafia» di monsignor Giancarlo Bregantini

«Per combattere la mafia non basta denunciare la negatività, come fanno Saviano e altri autori». Secondo l’arcivescovo di Campobasso mons. Giancarlo Bregantini, già vescovo nella sanguinosa terra di Locri (Calabria), la denuncia del male è un servizio indispensabile, molto coraggioso, ma insufficiente. Dovrebbe essere accompagnato – non accade sempre – da pagine di speranza, fondate sulle esperienze positive, sul bene che anima tanti uomini e donne, sui piccoli concreti passi che ogni giorno contrastano la mafia. Pagine che mons. Bregantini ha firmato di suo pugno nel recente, appassionato volume «Non possiamo tacere – Le parole e la bellezza per vincere la mafia» (Piemme).
Leggi tutto: Il bene che avanza

Presentazione del libro presso l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli



Monsignor Giancarlo Bregantini presenta il suo ultimo libro e racconta come le comunità cristiane possano, debbano non chinare il capo di fronte al crimine. (fonte: Famiglia Cristiana)
Mons. Bregantini, a testa alta


Il libro del vescovo Bregantini, "Non possiamo tacere" racconta esperienze. i cinque livelli narrativi: spiritualità, etica, cultura, politica, economia.
Leggi tutto: non possiamo tacere

«Il film Cento giorni a Palermo racconta la vicenda del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, uomo che affrontò e sconfisse il terrorismo delle Brigate Rosse, ucciso dalla mafia nel capoluogo siciliano insieme alla moglie, Emanuela Setti Carraro. È una pellicola di forte drammaticità, che non si limita a raccontare una storia, ma interroga fortemente le coscienze. 
Guardarla in carcere, come mi è capitato di fare a Crotone, tra i detenuti per associazione mafiosa, significa sperimentare un’ottica rovesciata. 
Laddove ci sarebbe stato il silenzio trattenuto da parte di spettatori “normali” davanti alla scena, carica di tensione, dell’agguato e della morte del generale, in carcere riecheggiavano invece applausi e fischi di approvazione per gli assassini, come davanti a una vicenda in cui si fossero invertiti i ruoli dei buoni e dei cattivi. 
Capivo che quei volti, illuminati a tratti dalle luci di proiezione, avevano visto davvero quel tipo di scene, o meglio, le avevano vissute da protagonisti. 
Ho capito in quel momento, con evidenza netta, che pur visionando lo stesso film, fra me e loro, fra la gente perbene e la mafia, c’erano due modi opposti di guardare le stesse cose. 
Quell’esperienza illuminante mi ha fatto pensare che l’antimafia deve cominciare proprio da qui, dalla consapevolezza di avere di fronte una “cultura altra”, “alternativa” nel senso più estremo del termine.» 
(da una pagina del libro di Giancarlo Bregantini, arcivescovo)